notte, stelle e amore

Aggiunta del 18 aprile 2021 la sezione su Will You Love Me Tomorrow, scritta da Carole King e cantata da Amy Whinehouse.

La triade notte, amore e stelle è frequentata dall’alba dei tempi ed è prossima all’eternità. Se è notte e ci sono degli amanti, allora emerge la meraviglia per un cielo stellato noto solo a chi si ama. Quattro canzoni sulla notte stellata degli amanti.

  • The Dark End Of The Street, scritta da Dan Penn, Chips Moman, versione originale di James Carr. 1968;
  • The Way Young Lovers do, scritta da Van Morrison, pubblicata in Astral Weeks, 1968;
  • Because the Night, scritta da Bruce Springstein, prima versione nell’album Easter di Patti Smith, 1978.
  • Will you still love me tomorrow, scritta da Gerry Goffin e Carole King nel 1960. Ne esistono diverse interpretazioni di una grande quantità di artisti, in questo post faccio riferimento alla versione di Amy Winehouse.

The Dark End of the Street

La canzone riprende la vicenda reale di un uomo e una donna che possono incontrarsi solo di notte perché amanti clandestini. I due sono ladri di felicità pronti a pagare la loro colpa di traditori. In futuro, forse, potranno mostrarsi in pubblico ma fino ad allora la visibilità è vietata; anzi, se mai si incontrassero alla luce del giorno, non si saluteranno e faranno finta di non conoscersi. Cosa può valere un prezzo così amaro? Un bacio forte come il vento, tenero come la notte; una bacio da proteggere dalla vergogna del giorno.

The Way Young Lovers do

Qui abbiamo due giovani che camminano lungo sentieri di campagna alla luce del giorno sotto la pioggia per ritrovarsi amanti nella notte. Immersi in quella specie di luminosa naturalezza della giovinezza giocano ma è solo con un bacio notturno che si scoprono sotto un cielo stellato, terribile e meraviglioso, in cui “tu sei per me e io sono per te” (Then we sat on our own star and dreamed of the way that I was for you/And you were for me/Ah, we long to dance the night away). In una danza erotica, la giovinezza si perde nel momento stesso della sua scoperta.

Because the Night

La versione è di Springstein, che donò la canzone a Patti Smith. Nella notte non c’è più la vergogna degli amanti clandestini e neanche l’ingenuità della gioventù persa a passo di danza. Gli amanti hanno pagato il prezzo del vivere con battaglie quotidiane; ognuno, avendo imparato chi non è, trova rifugio nelle mani dell’altro. Ora l’abbraccio in cui “tu sei per me e io per te” non ferisce, none can hurt me now, e il dolore del giorno si scioglie nel piacere di un abbandono nel buio. Forse dopo, quando si tratterà di portare alla luce l’amore, gli amanti si feriranno, e profondamente, come ricorda Amore a Psiche. Ma ora nella notte, le mani accarezzano i corpi seguendo sulla pelle i percorsi delle aspre ferite incise dalla vita e li tramutano in una costellazione nota solo agli amanti. E quella notte in cui l’abbraccio trasformò il dolore in una costellazione di piacere, di fiducia e fragilità; quella notte in cui le mani toccarono con delicatezza una rigogliosa vita nuova; quella notte, quelle mani, quel piacere, quelle stelle saranno un ricordo da proteggere dal rimprovero silenzioso di non essere stati capaci, o abbastanza coraggiosi, da adempiere a quella promessa incisa sulla pelle e in cielo.

In conclusione, Don’t Talk (Put Your Head on My Shoulder) dei Beach Boys da Pet sounds, in cui si ascolta il battere del cuore come fosse un tamburo lontano che scatena la vita.

Will you still love me tomorrow

La canzone ha un risvolto romantico molto pronunciato: il contrasto fra la verità notturna, intima e misteriosa vissuta nei sospiri degli amanti e la violenza della luce del giorno che domina gli Inni alla notte scritti da Novalis. Certamente, il collegamento al Romanticismo tedesco non deve essere esagerato poiché non esistono riferimenti noti fra la canzone di Goffin e King e Novalis, non di meno mi interessa. La notte è il tempo degli amanti, ma cosa resiste alla luce diurna, violenta e intrusiva, dell’intreccio muto di parole sospirate sulla pelle e inciso con gli abbracci? Nella versione originale della canzone il dubbio sulla tenuta dell’amore notturno alla luce del giorno ha un evidente significato morale: l’appagamento del desiderio soddisfatto può svanire alla luce del giorno.

Ma l’interpretazione di Amy Winehouse, per quanto di autobiografico implica, suggerisce un’interpretazione ulteriore. Gli amanti fusi l’uno dell’altro sapranno riconoscersi e ritrovarsi alla visione delle differenti individualità oppure la dissoluzione avrà il sopravvento e l’equilibrio fra Eros e Thanatos inclinerà verso la morte? Gli amanti saranno capaci di salvarsi reciprocamente o reciprocamente si distruggeranno?

easy rider, nostalgia per ciò che non sono stato

Voglio tornare a quelle moto, a quella speranza che per essere liberi bastasse una moto, una giacca di cuoio, qualche centinaio di dollari in tasca.

E poi quelle strade lunghe, aperte, dritte fatte apposta per correrci alla velocità giusta: né troppo lenti né troppo veloci. Sentire con il corpo e la mente di essere ovunque nello spazio e nel tempo ma allo stesso tempo di respirare qui e ora, immersi nel profumo del sole, della notte e della vita.

E quella bella sensazione degli stivali appoggiati sul pianale della moto che viaggiano sulla strada come se fossero i calzari di Mercurio.

E quella giacca di cuoio che sei come un Dio fra gli uomini e una tentazione per le donne.

Ma sopratutto la libertà di viaggiare, perché quello che conta non è la destinazione ma il viaggio, iniziarlo e proseguirlo. Oggi, domani e anche ieri.

Ma poi li hanno uccisi quei due che viaggiavano liberi, con i loro stivali e tutto il resto; loro che viaggiavano senza offendere nessuno, senza altra bussola che gli stivali e la moto.

Vorrei averle provate queste sensazioni, sulle strade degli Stati Uniti con quelle moto, con quelle giacche e quegli stivali.

Vorrei averla provata quella libertà assoluta come ti accade una volta nella vita quando sei giovane e non sai ancora tutte le necessità che ti porti nella carne fin dalla nascita.

Fra tutte le musiche inserisco The Ballad of Easy Rider perché suggerisce qualcosa di quella libertà che forse consiste nel lasciarsi andare al fluire della vita e della morte: The river flows, it flows to the sea/Wherever that river goes that’s where I want to be. Libertà è essere tutt’uno con l’essere? A margine: questi due versi sono di Dylan.

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sweet jane e la vita tumultuosa

Ieri viaggiando per Torino in macchina ascoltavo Lou Reed nella versione di Rock n roll Animal di Sweet Jane. I primi 2 minuti sono un’introduzione durante la quale le due chitarre, il basso e la batteria si intrecciano e si inseguono, come un mattino di primavera in città. Dalla metà del secondo minuto accade qualcosa: entrano alcuni accordi della canzone, un paio forti e asciutti ma poi lasciati in sospeso. Al terzo torna il giro e intorno alla metà del terzo minuto la canzone decolla con l’ingresso di Lou Reed che si intuisce dalle urla del pubblico.

A me interessa quel minuto dal 2.30 al 3.30 circa. Preparato dalle chitarre arriva il suono netto, potente e inequivocabile di un evento inarrestabile e compatto. La vita che reclama le sua presenza spazzando via differenze e proteste e le persone che ascoltano restano all’ombra del suono spogliati delle ipocrisie e allo stesso protetti dalla musica.

musica e libri

Leggere e ascoltare, e in una certa forma derivata, scrivere e ascoltare, mi paiono molto vicini, anzi quasi intrecciati. Durante l’adolescenza, la principale lettura dei miei pomeriggi era un libro di Pier Tacchini: I grandi della musica pop. Strutturato in modo molto semplice: gruppi e autori in ordine alfabetico ciascuno con discografia e descrizione dei dischi migliori e di quelli da evitare.

Per me è stato un riferimento per orientarmi nei gruppi e nelle tendenze. Ora è terribilmente datato e le osservazioni critiche di Tacchini non sono così articolate. Ma leggerlo allora mi ha fatto immaginare concerti epici, sessioni di studio irripetibili, vite di artisti tormentate e creative. Tutte cose molto adolescenziali. Ma c’era una strana e inspiegata relazione fra la parola e la musica.

John Lennon e Don’t Let Me Down

Una canzone che ripete ossessivamente “Don’t let me down” – “Non mi lasciare” – ma quel let down in inglese è ancora più forte perché può essere tradotto come “tradire”, “deludere”, “abbassare”. La registrazione della sola voce di Lennon esprime sofferenza disperata e rabbiosa. L’articolo da cui ho preso il filmato riporta la descrizione del periodo dalla narrazione di McCartney: i Beatles in crisi; Lennon in dipendenza da eroina.

Lennon aveva chiesto a Ringo di colpire con la massima forza i piatti per dare ancora più drammaticità e forza alla sua voce. Ascoltando quella voce sofferente e rabbiosa si resta impressionati. GLi ultimi 10/20 secondi sono da ascoltare con attenzione perché si può sentore McCartney cantare un contro coro rispetto alla voce di Lennon. Molto bello. La grandezza del gruppo si comprende anche da questi particolari.

Qua si può ascoltare la versione completa ma non quella ufficiale.

Johnny Cash, la prigione di Folsom e i condannati a morte

Quando: 1968. Dove: Stati Uniti. Chi: Johnny Cash. Perché: un concerto in prigione.

I giovani, un po’ sballati, un po’ arrabbiati, un po’ figli di papà, si intrippano o preparano una rivoluzione o protestano contro i genitori. I più creativi si dedicano a sperimentare nuove strade musicali.

Johnny Cash prende la band, la moglie e nel gennaio va nella prigione di Folsom in California e tiene due concerti. Nel maggio la Columbia pubblica il disco che contiene 17 delle canzoni eseguite. Nel 1999 ci sarà una seconda edizione e una terza nel 2008.

17 canzoni notevoli. Ma qui parlo di una: 25 Minutes to Go, l’autore è Shel Silverstein. Qui il testo originale con la traduzione. Sotto la canzone.

Ogni volta che la ascolto resto senza parole sia per il tema sia per il coraggio di cantarla in una prigione sia per l’interpretazione sia per i condannati a morte. Solo un grande artista può fare una cosa del genere.

misteri rock

Un altro mistero del numero di agosto di Rolling Stone: la 19° canzone rock di sempre è Like a Rolling Stone di Bob Dylan. E’ una canzone che ascolterei ciclicamente senza interruzioni, se non quelle imposte da mia moglie.

Riferirsi all’energia per parlare di questa canzone è il minimo; poi ci sono le parole: “Once upon a time you dressed so fine” “Una volta vestivi così bene” e poi la discesa come “una pietra che rotola” verso un mondo di barboni con cui la “reginetta” si accorda senza inganni. E poi quel ritornello:

How does it feel
How does it feel
To be without a home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?

Non riesco a metterla al 19° posto.

Like a Rolling Stone

dark star

A 17 anni avevo nostalgia della West Coast: la California, gli hippy e i viaggi in moto coast to coast. Easy Rider era il sogno della mia vita. Non ero mai stato in California e non ero mai salito su una moto. Insomma avevo nostalgia di qualcosa che non conoscevo ma avevo una giacca in pelle con le frange e lunghi capelli sulle spalle.

Tale era la forza di questa immaginazione che neanche sapevo chi fossero i Grateful Dead o i Jefferson Airplane: ma ero innamorato di un sogno di libertà e poi in Easy Rider gli uomini incontravano donne disponibili e amorose. Ma quando si è giovani è strano. Poi iniziai a fare teatro e conobbi Alberto Negro regista e attore. Lui aveva conosciuto quel mondo. Aveva addirittura partecipato con The Human Family a un happening dei Pink Floyd al Cosmic Relaxation Center Paradiso ad Amsterdam! Il gioco era fatto: teatro e sogno di libertà. Che cosa si vuole di più a 17 anni? Ebbero inizio un paio d’anni che mi sembrarono sempre primavera: viaggi in pulmino con Alberto, Antonella e il loro cane Cucciolo per montare spettacoli, fare prove. Si parlava di teatro, di arte, di vita, di musica.

A un certo momento Alberto mi prestò Live/Dead dei Grateful Dead. Un disco misterioso dalla copertina rossa, una donna sopra una bara. Lo ascoltai sul mio vecchio giradischi e fui catturato dall’intreccio caldo e lento del basso e della chitarra in Dark Star. La tessitura apparentemente casuale di basso e chitarra formava fasci e onde sonore che improvvisamente si coagulavano in un ritmo da ballo. Mi parve la formazione del mondo dal suono. Come se la realtà fosse un addensamento casuale di toni. Seguiva il disfacimento della musica sulle parole del cantoDark star crashes pouring its light into ashes … shall we go you and I while we can through the transitive nightfall of diamonds… the Lady in velvet… mirror shatters in formless reflection of matter – che mi conquistò per la vita. Quella canzone conteneva vita, morte e rinascita. Anni dopo ascoltai una intervista in cui Phil Lesh sosteneva che Dark Star era la dimostrazione che il mondo può disgregarsi ma poi riacquista forma. La musica di Dark Star è  questa esperienza di dissoluzione e di ricomposizione. Restituii il disco ad Alberto dopo qualche ascolto. Desidero ringraziarlo ora, anche se non è più fra noi.

Poi passarono gli anni, non frequentai più Alberto, Antonella e il loro cane cucciolo. Ci furono altre primavere a cui seguirono estati, autunni e inverni. Un paio di decenni dopo comprai il CD di Live/Dead. Nel frattempo avevo scoperto http://www.archive.org e la sezione dedicata ai Grateful Dead. Ho ascoltato molte versioni di Dark Star. Alcune lunghe altre brevi. Ne ascoltai una di 3 minuti e una lunga che seguiva tessiture sonore del tutto diverse, senza parole e che poneva al centro un rock ‘n roll stile Elvis.

Nel frattempo ho imparato che la vita di Dark Star inizia come canzone di 3 minuti di un 45 giri che “affondò come una pietra” ma nelle esibizioni dal vivo dei Grateful Dead si estese, si approfondì fino a diventare il momento chiave dei concerti. Non ho ancora capito il segreto di questa canzone. Per me ha a che fare con il disfacimento e la ricostruzione, con il perdersi e il ritrovarsi. Skaggs afferma che ha a che fare con il passaggio dall’infanzia alla maturità ma lo afferma dopo aver individuato la serie di riferimenti alla teoria del Big Bang, alla caduta delle certezze. Insomma è una canzone a molti strati. Come tutte le opere d’arte degne di questo nome.

In conclusione due cose:

  1. un capolavoro può nascere da un fallimento commerciale. Prima riflessione: le cose, le idee devono trovare la loro strada.
  2. Non so dove e come sia Alberto ora. Ma vive non solo negli occhi del figlio e nei ricordi di chi lo ha conosciuto ma anche in quella canzone che intona il suono della morte e della rinascita.