added value e filosofia

Vorrei riprendere il discorso su added value analysis riferendolo alla filosofia e al suo insegnamento.

Quale è il valore che l’intervento del docente di filosofia dovrebbe aggiungere alla preparazione degli studenti?

Una risposta facile, ed evasiva, è che, dal momento che il valore aggiunto dipende dalla filosofia di riferimento e che esistono tante concezioni del valore della filosofia per quante sono le scuole filosofiche o i filosofi, non è possibile, ma sopratutto non è auspicabile, fissare un valore, una funzione a svantaggio delle altre, poiché si abbasserebbe a ideologia dominante una filosofia particolare. Del resto, l’analisi del valore della filosofia ne mette in gioco il significato, che è argomento di discussione fin dalle origini della riflessione filosofica, in quanto la domanda su cosa sia la filosofia è in certo modo costitutiva della filosofia stessa. Allora, può essere interessante tentare di delineare delle ipotetiche aree di analisi e di lavoro didattico come primo passo per una teoria.

Ipotesi 1

La prima risposta può essere: maggiore abilità a trattare idee, proprie e altrui; capacità di ricostruire le argomentazioni dell’altro, mettendo fra parentesi le proprie reazioni. Direi che la filosofia contribuisca in termini di tolleranza nella discussione; forse anche di empatia.

Ipotesi 2

Il valore aggiunto riguarda la capacità di usare vari metodi di ragionamento e analisi: per esempio metodo trascendentale, dialettica, epoché, analisi linguistica, ermeneutica. Questo vale in termini di principio, ma risulta arduo da praticare poiché ognuno di questi metodi può richiedere anche anni di studio ed elaborazione per essere padroneggiato e l’orario scolastico è quello che è. Direi che questo punto vale come ideale regolativo.

Ipotesi 3

Nelle scuole superiori a dei ragazzi è essenziale che i giovani afferrino un significato con una certa chiarezza e non in modo libresco. E per giungere a ciò occorre imparare a leggere bene testi, comprendere cosa dicono e cosa non dicono. Valore aggiunto, di stampo illuminista, la chiarezza e la capacità di non farsi intrappolare dal testo.

Conclusione, provvisoria

Per orientarsi porrei un limite superiore e un limite inferiore. Quello superiore è la capacità di costruire teorie generali sul senso della vita, sulle metodologie adottate, sul linguaggio, sui presupposti impliciti dell’esistenza, della morale e della conoscenza; quello inferiore è la conoscenza delle coordinate storiche e culturali dei movimenti filosofici, con l’elencazione dei concetti generali, la conoscenza della terminologia caratterizzante, la individuazione degli autori di riferimento. In mezzo tutte le sfumature di apprendimento, di conoscenza, di concettualizzazione e di uso competente della lingua che partendo da una elencazione di cose portano al piacere della discussione, della critica e della ricerca.

certe affermazioni

Certe affermazioni mi lasciano senza parole. E credo che questo disorientamento sia capitato a tutti nella vita almeno una volta. La scuola è spesso citata per una certa arretratezze e parlando con persone che lavorano in altri ambienti noto la differenza. Ne soffro ma cerco di tirare avanti rubando argomenti e idee da riproporre in caso di discussioni o da usare nei momenti di maggior sconforto.

Capita, tuttavia, di sentire affermazioni cui non so cosa rispondere, ma che illuminano atteggiamenti altrimenti incomprensibili. Una volta una collega mi ha detto:

“Non vado su Facebook perché è inutile”

Non nel senso che è inutile che lei vada su Facebook perché non trova ciò che lei vorrebbe. Non era un’affermazione su di sé. Il significato è “Facebook è inutile, quindi non ci vado”. Era un giudizio sul mondo.

Sono rimasto senza parole. Ho abbozzato una frase del tipo Un fenomeno che coinvolge centinaia di milioni di persone… ma non era una risposta adeguata. In fondo quante cose prive di utilità hanno fatto, fanno e faranno gli uomini e le donne? Tante quante sono i post che quotidinamente un miliardo di persone lancia su Facebook.

Era una affermazione a suo modo nuova. Ho sentito che Facebook è immorale, pericoloso, sfogatoio di persone socialmente problematiche. Ma inutile mai. Agli occhi di questa persona i cinesi che vorrebbero accedere al social network non di stato e libero sono incomprensibili; le donne dei paesi arabi che postano messaggi sono delle illuse. Ma anche io che spedisco link, commenti e fotografie con gli amici sono irretito in una specie di velo di Maya.

Questo non mi turba troppo. Quello che mi chiedo è un’altra cosa: che giudizio dà questa persona degli studenti, il 99% dei quali ha un account Facebook?

scuola per il futuro e critical thinking

In un altro post ho scritto di “narrare il futuro ai giovani” come compito dei docenti per accendere interesse e scambiare conoscenza con gli studenti, come riporta Luca De Biase a proposito dell’incontro “Internet e democrazia” tenutosi alla Fondazione Basso il 20 aprile 2012.

Mentre riflettevo sull’affermazione “narrare il futuro ai giovani”, del tutto casualmente mi sono imbattuto in un sito – Edutopia – che ho scoperto essere la fondazione educativa di George Lukas. Come nello spirito visionario del fondatore, Edutopia propone idee per la scuola del XXI secolo. Il documento, ricco di proposte, esposte nello stile americano “7 Steps” che uniscono le “4 C” e le “3 R”, ha una finalità operativa: cosa e come valutare se una scuola è proiettata verso il futuro. Le 4 C, riportate in inglese sono:

  • Critical thinking;
  • Communication;
  • Collaboration;
  • Creativity.

Mi fermo qui nell’elenco delle lettere e mi concentro sulla prima delle 4 C: il pensiero critico (in inglese). E’ un metodo che unisce analisi dell’argomentazione, sostegno scientifico nella discussione, individuazione dei pregiudizi personali e ascolto partecipato dell’altro. Il critical thinking, che ha un collegamento con il debunking (demistificare affermazioni fanatiche, fantasiose, non fondate) riscuote un certo successo nel Nord America (Canada e USA) ed è quanto di più vicino alla filosofia troviamo nelle scuole di quei paesi. E’ evidente l’impronta del Pragmatismo e della filosofia analitica; la descrizione del link cita Socrate quale padre nobile e con molte buone ragioni. L’intenzione di fondo del Critical Thinking è migliorare il senso critico degli studenti che escono dalle scuole superiori diplomati ma senza capacità d’analisi delle argomentazioni, con una buona dose di ingenua credulità, un certo dogmatismo nel giudizio, uno pizzico di scetticismo irragionevole e scarsa attitudine all’ascolto.

In Italia non mi pare conosciuto o praticato. Anni fa ho trovato il Piccolo manuale di autodifesa intellettuale di Baillargeon (Recensioni filosofiche) e recentemente Strumenti per ragionare di Boniolo e Vidali, con sito, anche se non strettamente su critical thinking. Certamente, a leggere i documenti sulle finalità dell’insegnamento della filosofia nelle scuole secondarie troviamo molte nobili dichiarazioni: formare cittadini consapevoli, critici, competenti. Tuttavia i residui dell’impianto Idealistico e Storicistico nell’insegnamento, che riducono la filosofia a quella serie di medaglioni che sono i Grandi Filosofi, e la poca frequentazione del pensiero scientifico non favoriscono il critical thinking.

Per approfondire l’argomento e sperando nella pratica dei colleghi, faccio una ricerca su Google che mi restituisce siti di critica sociale e politica. L’espressione “pensiero critico” in Italia sembra essere associata principalmente alla Teoria critica della Scuola di Francoforte, la quale non aveva una buona opinione della scienza.

Quello che mi interessa, è che con il pensiero critico la didattica ruota attorno al problem solving e non più attorno al professore che riversa ciò che sa nella mente degli studenti. Educando alla complessità. Quello che rende interessante il critical thinking è:

  1. il presupposto costruttivista, che permette di accostarlo all’elearning e in generale alle forme di apprendimento sociale e condiviso;
  2. la pratica di ricerca comune, che implica una revisione del ruolo del docente;
  3. l’attenzione alle strutture logiche e argomentative dei testi;
  4. l’uso di conoscenze e metodi anche scientifici, che in Italia sono alquanto negletti.

Per queste ragioni mi pare che possa essere un metodo di insegnamento che permette anche di individuare dei riferimenti per la valutazione, sia degli studenti sia dei docenti.