certe affermazioni

Certe affermazioni mi lasciano senza parole. E credo che questo disorientamento sia capitato a tutti nella vita almeno una volta. La scuola è spesso citata per una certa arretratezze e parlando con persone che lavorano in altri ambienti noto la differenza. Ne soffro ma cerco di tirare avanti rubando argomenti e idee da riproporre in caso di discussioni o da usare nei momenti di maggior sconforto.

Capita, tuttavia, di sentire affermazioni cui non so cosa rispondere, ma che illuminano atteggiamenti altrimenti incomprensibili. Una volta una collega mi ha detto:

“Non vado su Facebook perché è inutile”

Non nel senso che è inutile che lei vada su Facebook perché non trova ciò che lei vorrebbe. Non era un’affermazione su di sé. Il significato è “Facebook è inutile, quindi non ci vado”. Era un giudizio sul mondo.

Sono rimasto senza parole. Ho abbozzato una frase del tipo Un fenomeno che coinvolge centinaia di milioni di persone… ma non era una risposta adeguata. In fondo quante cose prive di utilità hanno fatto, fanno e faranno gli uomini e le donne? Tante quante sono i post che quotidinamente un miliardo di persone lancia su Facebook.

Era una affermazione a suo modo nuova. Ho sentito che Facebook è immorale, pericoloso, sfogatoio di persone socialmente problematiche. Ma inutile mai. Agli occhi di questa persona i cinesi che vorrebbero accedere al social network non di stato e libero sono incomprensibili; le donne dei paesi arabi che postano messaggi sono delle illuse. Ma anche io che spedisco link, commenti e fotografie con gli amici sono irretito in una specie di velo di Maya.

Questo non mi turba troppo. Quello che mi chiedo è un’altra cosa: che giudizio dà questa persona degli studenti, il 99% dei quali ha un account Facebook?

perché mi piace insegnare filosofia?

Quest’anno dovrò insegnare sociologia, psicologia, antropologia culturale e pedagogia riducendo la filosofia. Mi spiace ma colgo l’occasione per cercare di rispondere a una domanda banale che non ho mai affrontato davvero.

Perché insegno filosofia? Alcune circostanze storiche e casuali mi hanno portato a questo lavoro, ma poi ho scelto e scelgo di insegnare questa materia difficile a ragazze e ragazzi recalcitranti. Nella mia vita ho fatto diversi lavori che poi ho smesso, mentre quando si è trattato di insegnare filosofia mi sono fermato. Perché?

La prima risposta è che mi piace il linguaggio e parte della filosofia gioca e sguazza nel linguaggio, con l’etimologia, con i termini e le definizioni. Alle volte inventa etimologie.

La seconda è che molte delle mie letture filosofiche mi hanno emozionato e trasmesso delle conoscenze significative e spesso illuminanti. Nulla di facile o veloce ma anni di letture, di studio e di fatica. Per esempio, Kant. Al liceo avevo cercato di studiare Kant, dico cercato perché a 17/18 anni non puoi capire la Critica della ragio pura, la Critica della ragion pratica e men che meno la Critica del giudizio. L’unica cosa che mi ha fatto pensare del Kant del liceo è stata la sua capacità quasi ascetica di oggettivare i propri processi percettivi e mentali nella solitudine della propria stanza, tramite la scrittura. E allo stesso tempo di essere così profondamente in comunicazione con gli altri esseri umani. All’università sono passato attraverso la fatica della Pura per gli esami e poi mi è accaduta una illuminazione sulla deduzione trascendentale. Non so quanti anni dopo aver sentito per la prima volta il nome, ho compreso una cosa che ha scritto. E ne sono uscito trasformato.

La terza è che attraverso la filosofia sono coinvolto in uno scambio mentale con gli altri intimo e intenso. I concetti e i ragionamenti dei brani e dei manuali mi permettono di condividere un regno, un tessuto mentale di idee, concetti e significati che ci tiene assieme nelle differenze. Ma anche qualcosa di ulteriore: attraverso i ragionamenti e le parole “vedo” le persone con cui parlo, ne vedo la mind, per dirla in inglese.

Infine, gli studenti. Mi stupiscono positivamente. Ricordo frasi e concetti di molti. Per rompere il ghiaccio e iniziare a conoscere la classe che non conosco, all’inizio dell’anno chiedo cosa sia per loro la filosofia. E specifico che non voglio che mi ripetano quello che hanno studiato ma che cosa hanno elaborato personalmente di ciò che hanno, o non hanno, studiato. Una ragazza, diversi anni fa, mi lasciò senza parole quando rispose: “Per me la filosofia è un modo per entrare in relazione con la realtà”.

canzoni e mappe

E’ chiaramente una operazione pubblicitaria con cui Lucidchart sfrutta il ritorno di “Hey Jude” alle Olimpiadi di Londra per illustrare come costruire uno schema. Ma è ben fatto, la canzone è davvero bella. E poi mostra qualcosa di suggestivo delle canzoni: la struttura circolare, i richiami e le riprese, la semplice complessità. Insomma il tessuto concettuale di una canzone apparentemente banale. Non credo che si possa e si debba chiedere di più a una mappa concettuale. Anche se fosse stata fatta senza Lucidchart.