fine anno scolastico

Come per qualsiasi professione, solo chi la svolge ne conosce la fatica. È solo fra pari che ci si può comprendere. Gli altri ricorrono a frasi fatte, anche quando sinceramente vogliono essere vicini. Le frasi fatte sull’insegnamento sono tante, ne elenco alcune con a fianco il grado di fastidio che mi suscitano, da 1 a 5, e un breve commento.

  1. E’ una vocazione: 5. La laurea, qualche master, almeno un paio di concorsi, aggiornamento ed esperienza non hanno nulla a che fare con la vocazione.
  2. Un bravo professore è quello che mette passione in quello che fa: 5. Variante laica della precedente.
  3. Beati voi che fate tre mesi di vacanza: 5. Magari fosse vero.
  4. E’ il lavoro più importante: 4. Anche essere un buon padre o una buona madre serve.
  5. E’ un lavoro sottopagato: 4. Lo dicono tutti ma in genere si lascia tutto come è, forse perché è una “vocazione”, cfr sopra.

Ne conoscete altri? Scrivete sotto che rimpolpo la lista. Grazie.

laboratorio teatrale

Mi iscrissi al laboratorio teatrale tenuto dalla, per me, misteriosa “Anonima teatro studio”. La compagnia era composta da Alberto Negro, il regista, e da Antonella Bellan, la sua compagna. Poi c’era il cane Cucciolo. C’erano anche altri ma al laboratorio solo Alberto e Antonella. Il laboratorio si teneva alla Tesoriera. Facevo terza liceo o giù di lì.

Non ricordo quando il corso iniziò, per quanti giorni alla settimana e neanche la durata. Gli esercizi erano le attività tipiche del teatro di quegli anni: mimo, espressione corporea, essere lo specchio di un altro. Dopo di noi, la sala in cui si teneva il corso ospitava la corale universitaria. Oggi  ricordo una sera di primavera, eravamo fuori dalla sala, in uno spiazzo con delle sedie e un tavolino. Si vedevano gli alberi del parco. Il sole per la prima volta da anni mi scaldava le ossa. Il freddo mi accompagnava da anni: estate, inverno, autunno o primavera sentivo un cerchio gelido come l’acciaio che mi torceva il cuore e la gola. Io lo dicevo freddo di morte: c’era il terrorismo per le strade, l’eroina che uccideva gli amici, la solitudine. Ma quel tardo pomeriggio primaverile era tutto così dolce e tiepido. Alberto parlava di teatro e c’era una donna che diceva di essere stata a Woodstock, chissà se era vero. Per un attimo provai lo stupore della vita. In verità quella donna era un po’ antipatica ed era stato solo uno scorcio ma mi si era aperta la possibilità della libertà, dell’emozione espressa, del calore della vita. Quel ferro ostile che mi bloccava dentro per un attimo era svanito e al suo posto trovavo qualcosa d’altro. Negli anni successivi avrei parlato e discusso con Alberto di teatro e di cinema.

Alla fine del corso Alberto mi chiese se volevo partecipare come attore a uno spettacolo che si sarebbe tenuto a Rivoli per commemorare la resistenza: “Aldo dice 26 X 1”, che poi era la parola d’ordine per lanciare l’attacco finale contro i tedeschi.

Per me era la felicità. Recitare era ciò che volevo fare.

libri della libreria di famiglia

In questi mesi vado spesso a casa dei miei genitori vecchi e malati. Le librerie di casa custodiscono i libri della mia infanzia e adolescenza. Alcuni li ho letti, di altri ricordo le copertine ma non li ho letti.

Ci sono diversi titoli di Russell. Credo che a mia madre piacesse la sua scrittura. Inoltre era un autore ateo, ironico che piaceva negli anni Sessanta. Mio padre era meno interessato, ma perché era già molto simile al grande filosofo, logico inglese.

La copertina di questo libro mostra una delle fotografie più infelici che si possano immaginare. Russell sembra un vecchio gallinaccio.