Mi iscrissi al laboratorio teatrale tenuto dalla, per me, misteriosa “Anonima teatro studio”. La compagnia era composta da Alberto Negro, il regista, e da Antonella Bellan, la sua compagna. Poi c’era il cane Cucciolo. C’erano anche altri ma al laboratorio solo Alberto e Antonella. Il laboratorio si teneva alla Tesoriera. Facevo terza liceo o giù di lì.
Non ricordo quando il corso iniziò, per quanti giorni alla settimana e neanche la durata. Gli esercizi erano le attività tipiche del teatro di quegli anni: mimo, espressione corporea, essere lo specchio di un altro. Dopo di noi, la sala in cui si teneva il corso ospitava la corale universitaria. Oggi ricordo una sera di primavera, eravamo fuori dalla sala, in uno spiazzo con delle sedie e un tavolino. Si vedevano gli alberi del parco. Il sole per la prima volta da anni mi scaldava le ossa. Il freddo mi accompagnava da anni: estate, inverno, autunno o primavera sentivo un cerchio gelido come l’acciaio che mi torceva il cuore e la gola. Io lo dicevo freddo di morte: c’era il terrorismo per le strade, l’eroina che uccideva gli amici, la solitudine. Ma quel tardo pomeriggio primaverile era tutto così dolce e tiepido. Alberto parlava di teatro e c’era una donna che diceva di essere stata a Woodstock, chissà se era vero. Per un attimo provai lo stupore della vita. In verità quella donna era un po’ antipatica ed era stato solo uno scorcio ma mi si era aperta la possibilità della libertà, dell’emozione espressa, del calore della vita. Quel ferro ostile che mi bloccava dentro per un attimo era svanito e al suo posto trovavo qualcosa d’altro. Negli anni successivi avrei parlato e discusso con Alberto di teatro e di cinema.
Alla fine del corso Alberto mi chiese se volevo partecipare come attore a uno spettacolo che si sarebbe tenuto a Rivoli per commemorare la resistenza: “Aldo dice 26 X 1”, che poi era la parola d’ordine per lanciare l’attacco finale contro i tedeschi.
Per me era la felicità. Recitare era ciò che volevo fare.