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Categoria: MOOC
corsi per tante persone di tante parti del mondo
Ho partecipato a un corso MOOC organizzato da Coursera sulla storia di internet. L’esperienza è stata coinvolgente e interessante.
Ora apprendo da un tweet di Eleonora Pantò di un articolo del New York Times che descrive il fenomeno riportando che i MOOC sono in crescita. Questi tipo di corsi sono diversi dagli open courseware delle università o dai filmati su Khan, perché sono pensati come veri e propri corsi universitari destinati appositamente a una grande quantità di persone di tutto il mondo, con esercitazioni, test, hangout su Google. Non sono solo i video di lezioni dal vivo.
Certamente pongono dei problemi: copiare è facile; i professori devono eliminare l’interazione con gli studenti, data la massa dei partecipanti. Nondimeno i docenti mettono a disposizione documenti di qualità; i corsi sono strutturati rigorosamente; partecipanti di stesse zone geografiche si incontrano anche nella vita reale. Il New York Times si lancia in un paragone con i social network tipo Facebook per il social mood che li anima.
Il corso che ho frequentato, inoltre, mi ha permesso di fare un’esperienza importante per il mio mestiere di docente: la peer review. Per sopperire alle difficoltà legate alla correzione di alcune prove si ricorre alla peer review, che risulta essere rigorosa quanto quella dei docenti universitari. Esperienza importante perché leggere per correggere, senza risultare offensivo, dei testi scritti da sconosciuti che abitano in chissà quale parte del mondo, è molto impegnativo. Si impara una forma di rigoroso rispetto educativo che la tradizionale lezione in aula uccide.
Detto ciò, taccio sul panorama dell’educazione online in Italia.
domande che qui non ci facciamo
Si discute della mortalità scolastica, delle nefandezze degli studenti e della precarietà di molti docenti. Alcuni avventurosi chiedono se la “rivoluzione digitale” sia tutta nelle pagelle elettroniche. Le aule con le LIM restano inutilizzate in attesa della macerazione. Le case editrici spacciano per e-books la versione PDF dei libri cartacei o se producono qualcosa di originale lo vincolano a software proprietari che contraddicono qualsiasi progetto a lunga scadenza e così dimostrano la totale ignoranza della rivoluzione culturale e tecnica in corso.
Poi ci sono le domande che nella scuola italiana non sono formulate. Fortunatamente in altri luoghi dell’universo persone sagge e intelligenti le pongono e cercano delle risposte. Per esempio un articolo di Mashable chiede: quali sono i college più social? Una infografica che segnala quantità di follower, like e altre cose su Facebook, Twitter, Pinterest, Klout, Youtube, Google+. Ai primi tre posti troviamo: Stanford, Harvard, Luisiana State University. Per illuminare la profondità del fenomeno basta ricordare che Harvard è una delle università i testa nell’erogazione di corsi MOOC ma anche Stanford non è da meno.
Non so che altro dire. Forse che se esperienza e laurea fossero esportabili, penserei a cambiare luogo d’insegnamento.
peer review
Sto frequentando il corso dedicato alla storia di Internet disponibile gratuitamente su Coursera. Sto imparando diverse cose sulla storia di internet e per la prima volta vengo in contatto con il MOOC, ovvero Massive Open Online Course.
Organizzare corsi per migliaia o decina di migliaia di persone è molto diverso che allestire qualche forum per 50 studenti che parlano la stessa lingua. Il politically correct in un MOOC non è un vezzo per maniaci dei diritti ma una necessità per comunicare e in qualche misura anche una virtù. Rivolgersi in inglese a una moltitudine è impegnativo e divertente allo stesso tempo.
Un aspetto interessante è la valutazione. Questo tipo di corsi non danno certificazioni, al massimo un attestato con il risultato dei test che sono stati sostenuti. I test sono di due tipi: dei quiz a scelta multipla con cadenza settimanale sugli argomenti presentati dal docente nei filmati messi a disposizione più un test conclusivo; 2 testi scritti, il primo consegnato dopo due settimane e il secondo per la fine del corso.
Finché si tratta dei test a risposta multipla, la correzione e il calcolo dei risultati sono automatici. Gli scritti sono valutati con il metodo della peer review: fra la data di consegna e la pubblicazione della valutazione del testo ogni studente deve leggere, valutare i testi di almeno 5 altri studenti, in base a una serie di criteri pubblici il testo e concludere la valutazione con un breve commento. Nella valutazione non si deve considerare la grammatica poiché il corso deve valutare solo contenuti. La finalità generale della correzione e della valutazione è l’apprendimento. Se uno studente non completa questa correzione, non può conoscere la propria valutazione.
Devo confessare che è utile per apprendere e apprendere i propri errori. Leggere, valutare in base a criteri pubblici dati e dover rendere conto delle ragioni per cui si è data una certa valutazione, mantenendo un atteggiamento positivo rispettoso dei processi d’apprendimento di uno sconosciuto. Preso da entusiasmo ne ho corretti 15, dei quali solo 3 o 4 erano buoni o ottimi, gli altri non rispettavano le indicazioni, erano inadeguati o del tutto fuori argomento.
Perché funziona?
- L’anonimato. Nessuno studente conosce il nome di chi lo ha corretto e reciprocamente non si conoscono i nomi dei testi corretti. Questo mi ha imposto disciplina e rispetto, anche quando ero disorientatato da testi qi qualche riga fuori argomento: ignorare l’identità, la cultura, l’età, la lingua dell’autore del testo mi ha imposto gentilezza e attenzione. Le parole non dovevano offendere pur esprimendo la mia opinione in proposito.
- I forum di discussione. Ogni fase della peer review è stata accompagnata da discussioni sui forum nei quali si è discusso e analizzato ogni aspetto della lettura e della valutazione.
- La pubblicità dei criteri. La peer review era guidata poiché i criteri di valutazione erano definiti dalle consegne: lunghezza del testo, argomento e periodo da trattare, pertinenza.
Questi tre elementi possono essere trasferiti per valutare il mio lavoro di docente?