didattica della filosofia: il linguaggio

In un altro articolo ho descritto un percorso dedicato alla compassione che ho tenuto durante il lockdown. Ora ne espongo un secondo che riguarda il linguaggio.

Perché questa riflessione?

Esiste una relazione generale fra linguaggio, individuo e democrazia. Negli ultimi decenni ci si è concentrati sul rapporto fra democrazia e media, televisione, giornali e poi il “web”. Per questo sembra di ripetere un discorso già tenuto e come tutti i discorsi già ascoltati, può perdere di mordente. Ma qui ho voluto che gli studenti considerassero un aspetto lasciato in ombra, per quanto in fondo sotto gli occhi di tutti: i media, e il web sopratutto, fioriscono grazie al linguaggio, colloquiale, colto o schematico. Per introdurre l’argomento ho usato l’audio di un filosofo italiano vivente, Salvatore Natoli, per il quale la sopravvivenza della democrazia dipende da una sorta di costante apprendimento linguistico.

In aggiunta alle parole di Natoli, le osservazioni sulla neolingua che George Orwell aggiunse in coda al suo romanzo 1984. La neolingua di 1984 è pensata per eliminare metafore, per essere semplice, per stigmatizzare, per esprimere concetti opposti con il medesimo termine. Semplificare il linguaggio per ridurre le capacità interpretative delle persone.

Linguaggio e musica

La trattazione ha inizio dopo l’introduzione generale e poi propongo delle musiche per stimolare la riflessione e la partecipazione dei ragazzi. Invito ad ascoltare tre canzoni che citano il linguaggio pur essendo diverse fra di loro per stile, periodo.

  • No language in our lung, del gruppo inglese XTC. Quando mancano le parole: nei nostri polmoni c’è il fiato per dire ma le parole falliscono proprio quando dovrebbero dare il meglio di sé.
  • Don’t talk (put your head on my shoulders), degli americani Beach Boys. Le parole possono essere superflue perché ascoltare il battito del cuore è arduo e richiede il silenzio. Ma se non ci fosse un discorso e il linguaggio, esisterebbe il silenzio?
  • Language is a virus, della cantante e compositrice americana Laurie Anderson. A disease is spreading worldwide. But what if also language itself were a virus.

Linguaggio e quarantena

Siamo in guerra! Il coronavirus e le sue metafore. La metafora della guerra è la più usata per raccontare il coronavirus. Ma cosa si annida nelle metafore? Il mutamento (linguistico) del coronavirus. Per conoscere i risvolti linguistici del Corona Virus discutiamo in videoconferenza alcuni articoli che analizzano la lingua della pandemia ovvero come il coronavirus ha cambiato il nostro modo di parlare, dall’ossessione per i termini medici a quella per la panificazione.

Linguaggio e realtà

Un rapporto difficile da sempre.  Una parte consistente della filosofia del Novecento si è occupata del linguaggio, inteso come l’orizzonte trascendentale di senso dell’uomo. Per Wittengstein “I limiti del linguaggio sono i limiti del mondo”. Prima il linguaggio o prima le cose? E’ il linguaggio a determinare la realtà o la realtà a modificare il linguaggio? Metafore: fra linguaggio e pensiero. Per illustrare le caratteristiche della metafora ho fatto un video.

I principi regolativi della comunicazione

In conclusione le quattro massime della comunicazione di Grice. Con esercizio pratico di analisi di articoli valutati in base alle massime di Grice.

scuola che cambia: e le superiori?

Ho acquistato un periodico nuovo, Vita, che, come riporta nell’intestazione, è un portale di Sostenibilità sociale, politica ed economica. Ne ignoravo l’esistenza e dopo un passaggio sul sito, metto sito e rivista cartacea in quarantena: c’è un lungo articolo su Agamben e sul passaggio dalla biopolitica alla biosicurezza che mi lascia perplesso. Ma non è di questo che voglio scrivere perché è altro ciò che mi dà da pensare.

Il numero di settembre è dedicato alla scuola con tanto di titolo in copertina: “Una nuova scuola si può fare”. Condividendo la speranza acquisto la rivista. All’argomento “nuova scuola” sono dedicate 52 pagine su 98. Ben più della metà. Molti gli articoli e i temi toccati ma mi pare che qualcosa non torni, a parte un certo tono stucchevole che attraversa le descrizioni dei fantastici risvolti delle classi aperte, senza muri, con tecnologie avanzate, della collaborazione fra territorio, scuola, famiglie, associazioni, reti e altro ancora; a parte il sapore celebrativo legato alla totale mancanza di senso critico che almeno esponga un limite delle sperimentazioni o dei corsi innovativi. A parte queste e altre cose che posso sopportare nella misura in cui si tratta di fare breccia in abitudini, immagini e pregiudizi consolidati nei secoli per cui ora non è importante soffermarsi sugli aspetti problematici del cambiamento ma cambiare. Inoltre, mi dico, ben venga la diffusione di buone pratiche del mondo della scuola, altrimenti sommerso da luoghi comuni, semplificazioni sconcertanti e politiche superficiali. Dopo tutto questo resta un problema cui non so dare una risposta plausibile.

Dove sono le scuole superiori?

Nelle 52 pagine leggo interviste a dirigenti di scuole primarie, dell’infanzia, delle scuole medie. Ma dove sono i docenti e le esperienze delle scuole superiori? Possibile che non ci sia nulla di equivalente nelle scuole superiori? La mancanza dipende dai docenti delle superiori che “non sperimentano la scuola senza muri” oppure dai giornalisti che si soffermano alla fase della formazione dei ragazzi affidata al ciclo della scuola italiana con maggior riconoscimenti internazionali? Oppure i diversi ordini di scuola hanno mitologie proprie: le scuole elementari sono la curiosità fiduciosa dell’infanzia; le scuole superiori l’inquietudine colma di nostalgia di quasi uomini e donne in vista della “vita vera”.

Non so dare una risposta. Durante decenni di insegnamento nella scuola superiore, ho incontrato docenti conservatori, innovativi, rassegnati, spaventati, preparati, impreparati e altro ancora. E forse la mappa delle competenze e degli atteggiamenti nella scuola primaria non è così radicalmente diversa. Per me la maggior parte del lavoro in aula è consistito nella spiegazione e nella lettura di libri di testo, relativamente costosi, a studenti che legano la propria autostima al voto. Ho organizzato attività alternative (per esempio durante il lockdown), “fuori le mura della scuola” e ho avuto delle conferme, per esempio che gli studenti misconoscono la scrittura condivisa perché sono stati addestrati per anni a suddividere studio e lavoro di gruppo in ricerche individuali poi messe una dopo l’altra; che l’impegno delle persone non cambia a seconda della metodologia didattica, innovativa o tradizionale; che a proposte interessanti per me non necessariamente seguono risposte appassionate degli studenti. In sintesi, che fare previsioni e formulare leggi è sempre rischioso.

Detto tutto ciò, una domanda continua a frullarmi per il capo:

Dove sono i docenti che sperimentano nuove strade per le scuole superiori?

apprendere filosofia con la didattica a distanza

La scuola in cui insegno si appoggia a Moodle per la didattica online che in passato ho usato per integrare attività online con la lezione in presenza. Le attività per i ragazzi erano: visione di filmati, condivisione di documenti e intervenire nei forum; ma queste erano sempre inserite nello schema consueto della “classica lezione frontale”. Se novità c’era, risiedeva nel definire un percorso fra argomenti slegati dal libro di testo mediante documenti e test disponibili solo online. Il lockdown mi ha dato l’opportunità di mutare la prospettiva poiché il centro del mio lavoro di docente è dovuto passare da “come insegno io” a “come apprendono gli studenti”.

La domanda dell’insegnamento della filosofia

In cosa consiste apprendere la filosofia? Ho scelto come riferimento l’affermazione di Kant per il quale si può, e si deve, insegnare a filosofare senza limitarsi a esporre le filosofie. Ovvero si possono portare gli studenti, con stimoli e discussioni, a porre domande su problemi e processi, ad analizzare concetti, metodi, idee e ragionamenti per trovarne condizioni, limiti e possibilità. Perciò ho proposto alcuni argomenti con l’intenzione di considerarli assieme agli studenti. In questo articolo espongo il corso sulla compassione.

La compassione

In verità avevo intenzione di trattarlo fin da prima del lockdown e perciò avevo predisposto alcune attività e documenti. Il lockdown mi ha portato a cercare un riferimento alla “realtà” più stringente. Un brano di Nussbaum tratto da L’intelligenza delle emozioni, (Il Mulino, capitolo “Compassione e vita pubblica” pag. 484 – 485) su compassione e vita pubblica nel quale l’autrice osserva che la compassione è assente dallo spazio pubblico statunitense, tanto nella discussione quanto nei comportamenti. Nella società statunitense, su malati, poveri, disoccupati, grava una censura, inesorabile e ostile, poiché sono giudicati come moralmente riprovevoli in quanto hanno rinunciato a dominare attivamente la realtà. Secondo la filosofa americana, in tale ottica la passività è da condannare. Quale antidoto a questo giudizio, allo stesso tempo emotivo e cognitivo, che colloca all’origine di molti processi di esclusione sociale, Nussbaum propone la tragedia greca che, mettendo in scena la lotta dell’eroe per la difesa o il ripristino della dignità umana messa in crisi o distrutta da eventi incontrollabili, suscita negli spettatori compassione, paura e partecipazione. In questo modo la filosofa, che riprende le teorie aristoteliche sulla catarsi, spera da un lato che uomini e donne sperimentino il senso del vivere assieme e dall’altro che la partecipazione alla lotta per la dignità favorisca il fiorire delle capacità umane.

Attività per i ragazze e ragazzi

Una volta letto il brano, ragazzi e ragazze devono valutare in una discussione su un forum dedicato se le osservazioni della Nussbaum valgono anche per lo spazio pubblico italiano. Studentesse e studenti hanno scritto sul forum dedicato ma ciascuno individualmente. Infatti, in parte per una mia distrazione, la classe ha inteso che ciascun intervento dovesse essere separato dagli altri e non essere scritto in un forum comune. In ogni caso è stato significativo che nessuno abbia letto gli interventi degli altri, credo per un malinteso senso della privacy. Mi pare segnali una delle difficoltà di fondo dell’apprendimento a distanza nel contesto scolastico italiano: la collaborazione. La concezione della costruzione sociale della conoscenza si arresta di fronte ad abitudini consolidate.

Tragedia

Filottete

Il brano della Nussbaum si rivela di ardua comprensione, sopratutto perché in generale non è nota la tragedia greca e e ancor meno il Filottete, cui la filosofa fa riferimento. Perciò divido la classe in quattro gruppi e affido a ciascuno di essi un approfondimento, come nell’elenco dato di seguito. Ogni gruppo deve riportare la propria ricerca in un wiki, per proseguire nell’attività di scrittura condivisa.

  • Quali sono le caratteristiche della tragedia greca? Quali gli autori? Come nacque?
  • Sofocle: chi era? Quando visse? La tragedia Filottete: trama e significato.
  • Aristotele: in quale libro tratta della tragedia? Quale teorie sostiene?
  • Shakespeare: periodo e caratteristiche della tragedia.

La difficoltà di questa attività è stata la competenza digitale in senso più stretto: pochi hanno messo a fuoco cosa significhi scrivere un Wiki mediante un editor online fornito di pagine di amministrazione, funzioni per l’inserimento di immagini, collegamenti e altre cose del genere. Nel complesso però, il lavoro arriva alla fine.

Musica

Successivamente propongo una canzone del gruppo Galactic, intitolata Does it Really Make a Difference? voce Mavis Staples. Alla fine dell’ascolto studenti e studentesse devono scrivere in un forum sulla piattaforma le proprie riflessioni sulla canzone: se e come ha a che fare con la partecipazione emotiva alle vicende altrui. Le osservazioni si concentrano sopratutto su cosa sia “fare la differenza” su alcuni aspetti del testo relativi alla solitudine e all’essere gli uni vicini agli altri.

Come definire la compassione

A questo punto del lavoro, si affronta di petto la compassione cercando di distinguere termini ed emozioni talvolta confusi o considerati come sinonimi. Gli autori di riferimento sono Freud, Scheler, Schopenhauer, Jaspers. I termini analizzati sono:

  • contagio emotivo;
  • compassione;
  • empatia.

Evoluzionismo: fitness inclusiva e altruismo

Per non limitare le discussione a schemi consueti ho scelto di aggiungere una parte sull’interpretazione evoluzionistica dei comportamenti cooperativi. Prendendo una strada diversa da quella del libro di testo, che si ferma a esporre il “darwinismo sociale” trascurando gli studi evoluzionistici del Novecento, ho esposto l’evoluzionismo di Darwin e successivamente la teoria della fitness inclusiva di Hamilton. La mia spiegazione via video era accompagnata da documenti, link e video sulla piattaforma.

E se la compassione fosse sbagliata?

Tanti buoni sentimenti rischiano di essere nauseanti. Inoltre non volevo appiattire il discorso sulle sole posizioni “pro compassione”. Perciò ho voluto aggiungere due autori critici nei confronti della compassione. Spinoza, per il quale: “nell’uomo che vive secondo ragione la compassione è per se stessa cattiva e inutile” perché non è altro che dolore, per cui “l’uomo che vive secondo ragione si sforza per quanto può di non essere toccato dalla compassione” come neppure dall’odio, dal riso o dal disprezzo, perché sa che tutto deriva dalla necessità della natura divina.

Successivamente la critica di Nietzsche che individua nella compassione una delle cause del risentimento e dell’odio fra gli individui.

Esercizio finale: scrivere sulla compassione

Dopo incontri video in sincrono, dopo scritture sui forum, dopo ascolti e documento condivisi, si è passati alla fase finale. Studenti e studentesse dovevano scrivere un testo con le proprie riflessioni sull’argomento. Di seguito riporto il testo del “titolo” del saggio.

Nel percorso attraverso la compassione abbiamo visto diverse posizioni e analisi sul quei sentimenti che in genere sono classificati come “empatia”, “compassione”. All’origine vi è la riflessione della Nussbaum sulla tragedia greca che ci educa alla compassione in quanto assistiamo alla lotta, talvolta destinata alla sconfitta, dell’eroe per difendere o riscattare la propria dignità di essere umano. In particolare l’eroe lotta attivamente per riscattarsi da un destino subito devastante e sovrastante.

Nella vita pubblica, osserva Nussbaum, non c’è spazio per la compassione verso le persone che si trovano in difficoltà, anche tragiche e disperate, le quali, anzi, spesso sono condannate moralmente, stigmatizzate, per le difficoltà in cui si trovano. Ne sono un esempio per la filosofia americana, l’atteggiamento di disprezzo con cui nelle società statunitense sono trattate i poveri, i malati privi del denaro sufficiente per curarsi e così via.

A partire da queste osservazioni abbiamo cercato di distinguere la compassione dai sentimenti di partecipazione apparente o addirittura di negazione della compassione, per esempio il contagio emotivo e altro ancora. Successivamente abbiamo preso in considerazione la compassione e la collaborazione come fattori significativi per l’evoluzione della specie umana.

L’ultimo contributo alla ricerca è un testo di Nietzsche che critica aspramente i “compassionevoli” in quanto la compassione suscita risentimento e rabbia nel compatito. Del resto la compassione viene criticata anche da Spinoza per il quale è la conoscenza che rende l’uomo libero mentre la compassione, o la derisione, lo rendono tengono nell’ignoranza.

La compassione, quindi, è un tema articolato che riguarda diversi aspetti della vita individuale e sociale e può essere un fattore di miglioramento della vita associata ma allo stesso tempo avere dei limiti o essere confusa con atteggiamenti remoti dalla partecipazione alla sofferenza dell’altro.

Facendo riferimento agli argomenti trattati in questo percorso scrivere un saggio sui limiti e le possibilità della compassione e del sul ruolo nella vita pubblica, se questa ha spazio oppure se viene rifiutata, se la si confonde con il contagio emotivo. Aggiungere delle proprie riflessioni sui limite della compassione. Nella stesura della relazione occorre fare riferimento ai concetti e alle riflessioni esposte nel percorso.

Conclusioni e riflessioni finali

Obiettivo dell’unità era duplice: da un lato avviare la scrittura condivisa di una ricerca su un argomento specifico, dall’altro la produzione di un testo filosofico sulla compassione. Per arrivare a questi obiettivi ho messo in atto diverse attività: lettura, ascolto, stimoli emotivi, varietà di fonti e punti di vista, video in diretta e video registrati.

Durante il percorso ci sono state alcune difficoltà: la scrittura condivisa non è facile da praticare sia per la poca consuetudine con la piattaforma sia per l’abitudine a “fare da soli ed essere valutati per il proprio lavoro individuale”. Devo, inoltre, essere onesto e mettere in luce il mio errore di fondo: troppo materiale, troppe attività messe in gioco e ciascuna impegnativa. Occorre bilanciare meglio la quantità di attività, il percorso.

La verifica finale. I “temi” hanno almeno riassunto le diverse idee, non sempre in modo completo o fedele all’originale, ma da questo punto di vista non è stato così diverso da certe interrogazioni. Pochi si sono davvero arrischiati ad assumere delle posizioni critiche. Occorre lavorare ancora molto.

Miur e uso corretto cellulari

Usare i cellulari in aula durante le lezioni si fa da anni sia per iniziativa spontanea dei docenti sia su “permesso” dei Ministri precedenti. In fondo queste atti istituzionali non fanno che presentare come innovazione quella che è una fotografia della realtà. Il tutto condito da quel falso modello analitico del “vantaggi e svantaggi del digitale”.

La vera novità sarebbe una trasformazione delle aule, del corpo docente e delle case editrici all’altezza della Quarta Rivoluzione che ci sovrasta trascinandoci chissà dove.

https://www.orizzontescuola.it/il-miur-promuove-uso-corretto-cellulari-e-informa-su-rischi-salute/

added value e filosofia

Vorrei riprendere il discorso su added value analysis riferendolo alla filosofia e al suo insegnamento.

Quale è il valore che l’intervento del docente di filosofia dovrebbe aggiungere alla preparazione degli studenti?

Una risposta facile, ed evasiva, è che, dal momento che il valore aggiunto dipende dalla filosofia di riferimento e che esistono tante concezioni del valore della filosofia per quante sono le scuole filosofiche o i filosofi, non è possibile, ma sopratutto non è auspicabile, fissare un valore, una funzione a svantaggio delle altre, poiché si abbasserebbe a ideologia dominante una filosofia particolare. Del resto, l’analisi del valore della filosofia ne mette in gioco il significato, che è argomento di discussione fin dalle origini della riflessione filosofica, in quanto la domanda su cosa sia la filosofia è in certo modo costitutiva della filosofia stessa. Allora, può essere interessante tentare di delineare delle ipotetiche aree di analisi e di lavoro didattico come primo passo per una teoria.

Ipotesi 1

La prima risposta può essere: maggiore abilità a trattare idee, proprie e altrui; capacità di ricostruire le argomentazioni dell’altro, mettendo fra parentesi le proprie reazioni. Direi che la filosofia contribuisca in termini di tolleranza nella discussione; forse anche di empatia.

Ipotesi 2

Il valore aggiunto riguarda la capacità di usare vari metodi di ragionamento e analisi: per esempio metodo trascendentale, dialettica, epoché, analisi linguistica, ermeneutica. Questo vale in termini di principio, ma risulta arduo da praticare poiché ognuno di questi metodi può richiedere anche anni di studio ed elaborazione per essere padroneggiato e l’orario scolastico è quello che è. Direi che questo punto vale come ideale regolativo.

Ipotesi 3

Nelle scuole superiori a dei ragazzi è essenziale che i giovani afferrino un significato con una certa chiarezza e non in modo libresco. E per giungere a ciò occorre imparare a leggere bene testi, comprendere cosa dicono e cosa non dicono. Valore aggiunto, di stampo illuminista, la chiarezza e la capacità di non farsi intrappolare dal testo.

Conclusione, provvisoria

Per orientarsi porrei un limite superiore e un limite inferiore. Quello superiore è la capacità di costruire teorie generali sul senso della vita, sulle metodologie adottate, sul linguaggio, sui presupposti impliciti dell’esistenza, della morale e della conoscenza; quello inferiore è la conoscenza delle coordinate storiche e culturali dei movimenti filosofici, con l’elencazione dei concetti generali, la conoscenza della terminologia caratterizzante, la individuazione degli autori di riferimento. In mezzo tutte le sfumature di apprendimento, di conoscenza, di concettualizzazione e di uso competente della lingua che partendo da una elencazione di cose portano al piacere della discussione, della critica e della ricerca.

critical thinking e collaborative learning?

Il tema è: tutto ciò cosa ha a che fare con l’insegnamento della filosofia e la filosofia?

E, dopo diversi anni di post, blog, fake news e altre amenità, quali sono i limiti di questa impostazione? La condivisione collaborativa è la chiave unica dell’apprendimento?

L’articolo “Collaborative Learning Enhances Critical Thinking“, di Anuradha A. Gokhale, risale all’autunno del 1995 ed è stato pubblicato dal Journal of Technology Education (Volume 7, Number 1 Fall 1995). Prima di tablet, Facebook, Wikipedia e quant’altro espone una tesi poi divenuta fondamentale per il costruttivismo: esiste una relazione fra critical thinking e collaborative learning.

Nella definizione dell’articolo collaborative learning si riferisce “a un metodo educativo nel quale studenti con diversi livelli di prestazione lavorano assieme in piccoli gruppi per il raggiungimento di uno scopo comune. Gli studenti sono responsabili sia del proprio sia dell’altrui apprendimento. Così, il successo di uno studente aiuta gli altri studenti ad avere un successo.” Fin dal 1986 i sostenitori del collaborative learning affermano che esiste una stretta relazione fra questo metodo e il critical thinking (pensiero critico). La ragione può essere che i singoli contribuiscono a costituire il prodotto finale ricorrendo ai metodi chiave del critical thinking – discussione pubblica, esame critico delle delle conoscenze, valutazione di verità, pertinenza e validità.

La ricerca esposta nell’articolo esamina una ricerca empirica effettuata in classi delle scuole superiori statunitensi. La ricerca è strutturata in due classi: la prima che lavora seguendo il metodo classico dell’apprendimento individuale; la seconda che lavora in modalità cooperative learning. Diverse le classi e diversi gli obiettivi: per la classe “cooperativa” analisi, sintesi e valutazione di concetti; per quella “individuale” test a risposta multipla per verificare le conoscenze.

Il consuntivo alla fine dell’esperimento è così a favore delle classi “cooperative” da risultare imbarazzante: migliori i risultati ai test, conoscenze e competenze più stabili e più durature, ovvero maggiore autonomia.

Immagine: La scuola di Aristotele, di Gustav Adolph Spangenberg, tratta da “Scuola peripatetica” Wikipedia.

segreti: nello stato e nella persona

Questa volta non parlo delle intrusioni dei servizi segreti nella vita dei privati cittadini o nelle dinamiche politiche pubbliche. Questa volta riporto un documento che ho trovato per caso qualche tempo fa e che mi ha incuriosito perché tocca un aspetto della prassi comunicativa del web. Inoltre mi porta a proporre un’analogia fra condivisione dei dati fra agenzie di intelligence e pubblicazione dei segreti personali.

Scopro un testo della CIA sull’uso di blog e wiki nella comunità dei servizi segreti statunitensi. L’articolo fa riferimento a uno studio del 2005 “The Wiki and the Blog: Toward a Complex Adaptive Intelligence Community“, Studies in Intelligence, Vol 49, No 3, September 2005. La tesi è che le attività di intelligence sono più efficaci se gli agenti condividono le informazioni. La ventata costruttivistica, perciò, dovrebbe travolgere anche gli steccati fra i diversi uffici degli agenti segreti ed elevare la qualità delle operazioni.

Snowden in quegli anni lavorava o i iniziava a lavorare per i servizi segreti. Ma la sua storia dice altro rispetto alle intenzioni dichiarate. L’agente segreto non solo operava spesso da solo ma quando lavorava con altri doveva tacere sulla propria missione e lo stesso facevano i colleghi con lui.

Alcune riflessioni interrogative:

  1. È auspicabile che gli stati rinuncino a un livello significativo di segretezza e opacità in alcune aree delle proprie funzioni, anche quando tecnicamente possibile rendere pubblico eventi e persone?
  2. Ammettendo che si dia una risposta negativa alla 1, entro quali limiti la riservatezza deve essere garantita e quando si deve o può sollevare il velo del segreto?
  3. Qualunque sia la risposta a 1, James Bond è morto e sepolto. Se mai è esistito.

Infine, una riflessione sulla psicologia dell’individuo. Forse uno stato, e i suoi cittadini, possono accettare che vi siano aree di segretezza, ma se riportiamo queste considerazioni alla vita dell’individuo la prospettiva cambia. In questo caso, mi pare che tenere nascosti eventi della vita individuale, generi dolore ed estraneità nei rapporti fra le persone. Parlare pubblicamente eventi o aspetti di sé significa introdurli in un processo dinamico linguistico e argomentativo che soppesa le pretese e i portatori di verità, le implicazioni personali, le implicature e così via. Insomma assorbe in un discorso lo scandalo da tenere segreto diffondendo attorno a sé e in generale nel mondo gli echi del discorso.

Quando ciò non accade, il segreto resta blindato in una echo chamber dell’immagine negata. Lo spirito di Banquo che appare a tavola.

revisione paritaria aperta e filosofia

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Il “Bollettino telematico di filosofia politica” esiste sul web dal 2000 e la Prof.ssa Maria Pia Pievatolo ha contribuito in modo significativo. Recentemente ha avviato una sperimentazione dedicata alla revisione paritaria aperta, promossa dalla Professoressa Pievatolo.

La revisione paritaria aperta non è solo una possibilità tecnica ma una modalità di ricerca che parte dalla disintermadiazione e della connesso mutamento del principio di autorità e autorevolezza. Il principio della revisione paritaria era prassi nella Royal Society nella seconda metà del XVII secolo, ma porta con se la logica del controllo centralizzato e censorio dell’epoca dell’assolutismo durante il quale fu concepito. L’aggiunta dell'”apertura”, con il suo impegno alla trasparenza, pare un’alternativa ai limiti della revisione anonima. Gli altri aspetti della revisione paritaria aperta possono essere consultati alla pagina dedicata del Bollettino, da cui ho sintetizzato queste poche righe: https://btfp.sp.unipi.it/it/2012/01/laccademia-dei-morti-viventi-parte-prima-la-revisione-paritaria/.

Il progetto raccoglie diversi testi, che possono essere commentati paragrafo per paragrafo, come accade già per gli articoli di alcune riviste online. In questa sede voglio riportare la pagina dedicata al testo di Wilhelm von Humboldt, L’organizzazione interna ed esterna degli istituti scientifici superiori a Berlino.

wiki di storia

Ci riprovo con la didattica digitale. Questa volta con storia.

Studenti e studentesse di una terza hanno raccolto in una scheda delle informazioni sulla propria città di residenza: nome, anno di fondazione, fotografie dei resti medioevali. La scheda deve contenere anche almeno un dato personale: da quando sono residenti nella città.

Inizialmente avevo pensato di far fare una timeline online ma non ho trovato dei servizi online che mi soddisfacessero. Allora sono atterrato sulla piattaforma MOODLE della scuola. La classe scriverà un wiki cronologico delle città aggiungendo foto, informazioni, link e citazioni a mano a mano che procederemo con il programma. L’idea è mettere in relazione i grandi processi storici con la realtà vicina e allo stesso tempo abituare al lavoro di gruppo. Il massimo sarebbe che il progetto andasse avanti per tutto il triennio. Vediamo che sarà, nel frattempo ho creato il corso, caricato l’elenco dei ragazzi e delle ragazze su MOODLE.

Ci sono alcune cose da decidere con la classe. Riprenderò il discorso.

University of London

https://philosophy.sas.ac.uk

The Institute’s aim is to promote and facilitate high quality research in philosophy, making it available to the widest possible audience both inside and outside the UK’s academic community.

Il sito mette a disposizione podcast di conferenze e lezioni. Illustra le diverse attività.