estate calda e luminosa

Estate calda e luminosa come spesso accade all’estate. Ma è chiaro a tutti che quest’anno è diverso perché a settembre non sapremo cosa sarà.

E’ bello ricordare il settembre di tanti anni fa, quando il sole aveva cessato la sua violenza e le ombre del freddo anno morente non avevano ancora conquistato i campi del giorno. La vita era ancora palpitante.

Ma per ora abbiamo questa estate torrida che illumina le incertezze seminate d’inverno e fiorite in primavera.

E a ottobre cosa marcirà?

su un incontro con la Fedeli

Il 24 febbraio 2017 sono andato a un convegno cui ha partecipato la Ministra Fedeli. L’incontro, organizzato dalla ELEA, si è tenuto alla Scuola Amministrazione Aziendale (SAA) e aveva come titolo “Scuola e lavoro parlano la stessa lingua?”

L’argomento è complesso perché l’Alternanza Scuola Lavoro  (ASL) modifica profondamente la scuola comportando un impegno orario significativo oltre che un ripensamento della funzione dell’insegnamento e dell’apprendimento. Non tutti i docenti la condividono ma nel complesso la ASL è entrata nei licei.

All’incontro hanno partecipato docenti, dirigenti, studenti, professori universitari, ricercatori. La Fedeli ascolta gli interventi di organizzatori e assessori poi parla esponendo i problemi reali della scuola, del sistema produttivo, dei diversi linguaggi tipici dei due mondi; richiama l’agenda ONU 2020 – 2030 al punto relativo agli obiettivi per l’istruzione. Alla fine del suo discorso individua degli obiettivi generali che possono, da un punto di vista politico, dar senso alla ASL. È preparata, risponde alle domande e non teme le critiche e le provocazioni; quando parla si riferisce alla realtà e non fa solo esercizi di retorica.

Comprendo per la prima volta la struttura del discorso politico:

  1. Esaminare un problema ascoltando le persone che se ne occupano.
  2. Integrare con studi e cultura, anche politica.
  3. Collocare le parti coinvolte in un ruolo dignitoso che ne valorizzi le qualità.
  4. Individuare uno scopo che dia direzione e senso.

Poi ci sono delle virtù personali:

  1. Chiarezza.
  2. Resistenza alla fatica.
  3. Pazienza.
  4. Tempismo.

    Conclusione: essere un politico non è facile. 

    italia innovativa e Kant

    Se c’è una capacità innovativa in Italia, è nel trovare ragioni sempre più originali e infondate per non innovare. Riporto la citazione e la pagina di Mario Rotta da cuoi l’ho presa:

    Gli editori avrebbero affermato che “l’accelerazione sui libri digitali non poggiava su alcuna seria e documentata validazione di carattere pedagogico e culturale, così come non sono state valutate le possibili ricadute sulla salute di bambini e adolescenti esposti a un uso massiccio di apparecchiature tecnologiche”, e il ministro avrebbe detto “fermiamo tutto, l’accelerazione impressa all’introduzione dei libri digitali è stata eccessiva, voglio prendere in mano la questione ed esaminarla a fondo. Deponete le armi”.

    Le ricadute degli ebook sulla salute dei bambini? Vorrei citare Kant ne Risposta alla domanda che cos’è l’Illuminismo? Evidenzione mia.

    Pigrizia e viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo liberati dall’altrui guida (naturaliter maiorennes), rimangono tuttavia volentieri minorenni a vita; e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. E’ così comodo essere minorenni! Se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me, un medico che valuta la dieta per me, ecc., non ho certo bisogno di sforzarmi da me. Non ho bisogno di pensare, se sono in grado di pagare: altri si assumeranno questa fastidiosa occupazione al mio posto. A far sì che la stragrande maggioranza degli uomini (e fra questi tutto il gentil sesso) ritenga il passaggio allo stato di maggiorità, oltreché difficile, anche molto pericoloso, si preoccupano già quei tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l’alta sorveglianza sopra costoro. Dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici e aver accuratamente impedito che queste placide creature osassero muovere un passo fuori dal girello da bambini in cui le hanno imprigionate, in un secondo tempo descrivono ad esse il pericolo che le minaccia qualora tentassero di camminare da sole. Ora, tale pericolo non è poi così grande, poiché, a prezzo di qualche caduta, essi alla fine imparerebbero a camminare: ma un esempio di questo tipo provoca comunque spavento e, di solito, distoglie da ogni ulteriore tentativo.

    cambiamenti

    Nel prossimo anno scolastico sarò in servizio al Primo Liceo Artistico di Torino. Non più all’Istituto Domenico Berti.

    Ho già insegnato all’Artistico ed è stata una esperienza interessante. Mi ricordo studenti vivaci, anche se spesso interessati più a disegnare che alla filosofia. Sono in contatto con alcuni su Facebook.

    Chissà cosa mi riserveranno queste classi. Spero di poter fare delle lezioni in elearning e sperimentare la filosofia online.

    esami di stato 10

    Finiti gli orali studentesse e studenti raccolgono le loro cose, i fogli e i file della tesina, la carta d’identità, la borsa o la cartella e si avviano verso la porta. Prima di uscire si voltano per un istante per sbirciare i professori. Sperano di rubare un segno che permetta loro di divinare l’esito dell’esame.

    Poi si avviano e sulla porta lanciano velocemente ancora uno sguardo verso quel mondo che si sta chiudendo per sempre alle loro spalle. C’è la sorpresa, lo sgomento, di vedere 5 anni di vita che svaniscono rapidamente negli echi di una scuola svuotata e senza fuochi d’artificio, senza eventi eccezionali. Forse sperano in un segno che attesti il passaggio. Può essere stata la stretta di mano del presidente o l’augurio per il futuro o lo sguardo degli sconosciuti che da dietro dei banchi hanno ascoltato e valutato le loro parole e i loro volti? Hanno superato una soglia ma non sanno dire quando, dove o come sia avvenuto il passaggio. Forse durante l’interrogazione di italiano o quando hanno letto di essere stati ammessi all’esame o dicendo di aver compreso un errore degli scritti o chissà dove. Per un attimo camminano come sospesi sulla porta: svuotati del passato e pieni di speranze. Altre persone e altri eventi penseranno ai loro timidi sogni di oggi.

    Tornano verso il pranzo a casa, come una qualsiasi altra giornata. Ma è tutto cambiato perché le trasformazioni più profonde riportano alla propria esistenza ma mutati.

    certe affermazioni

    Certe affermazioni mi lasciano senza parole. E credo che questo disorientamento sia capitato a tutti nella vita almeno una volta. La scuola è spesso citata per una certa arretratezze e parlando con persone che lavorano in altri ambienti noto la differenza. Ne soffro ma cerco di tirare avanti rubando argomenti e idee da riproporre in caso di discussioni o da usare nei momenti di maggior sconforto.

    Capita, tuttavia, di sentire affermazioni cui non so cosa rispondere, ma che illuminano atteggiamenti altrimenti incomprensibili. Una volta una collega mi ha detto:

    “Non vado su Facebook perché è inutile”

    Non nel senso che è inutile che lei vada su Facebook perché non trova ciò che lei vorrebbe. Non era un’affermazione su di sé. Il significato è “Facebook è inutile, quindi non ci vado”. Era un giudizio sul mondo.

    Sono rimasto senza parole. Ho abbozzato una frase del tipo Un fenomeno che coinvolge centinaia di milioni di persone… ma non era una risposta adeguata. In fondo quante cose prive di utilità hanno fatto, fanno e faranno gli uomini e le donne? Tante quante sono i post che quotidinamente un miliardo di persone lancia su Facebook.

    Era una affermazione a suo modo nuova. Ho sentito che Facebook è immorale, pericoloso, sfogatoio di persone socialmente problematiche. Ma inutile mai. Agli occhi di questa persona i cinesi che vorrebbero accedere al social network non di stato e libero sono incomprensibili; le donne dei paesi arabi che postano messaggi sono delle illuse. Ma anche io che spedisco link, commenti e fotografie con gli amici sono irretito in una specie di velo di Maya.

    Questo non mi turba troppo. Quello che mi chiedo è un’altra cosa: che giudizio dà questa persona degli studenti, il 99% dei quali ha un account Facebook?

    dati sull’uso di wikipedia

    Wikipedia sembra aver vinto la sua sfida; l’Enciclopedia Britannica cessa le pubblicazioni su carta per offrire solo più servizi online. E’ la fine di un mondo e la nascita di un altro. Ma non voglio dilungarmi in inutili commenti, rimpianti o profezie sul futuro della conoscenza.

    Piuttosto mi interessa una infografica che illustra alcuni dati su Wikipedia e sul suo uso.

    L’infografica è pubblicata sul sito open-site.org. Wikipedia, che ha nel suo DNA la scrittura e la revisione sociale delle conoscenze è gestita da circa 1.400 collaboratori che scrivono il 74% delle voci. Ma ciò che ha suscitato il mio interesse è il comportamento dei visitatori (studenti), che nel 56% dei casi non proseguono la ricerca, se non trovano abbastanza informazioni su Wikipedia. In sintesi, uno studente su due non è in grado o sceglie di non proseguire una ricerca se Wikipedia è incompleta.

    Al di là delle considerazioni sulla veridicità e l’attendibilità delle voci dei Wikipedia, mi pare che in gioco ci sia un incrocio fra visibilità, valutazione della credibilità e comodità, il tutto alimentato dalla velocità del Web.

    1. Wikipedia è credibile, quindi se manca una voce, allora ci sarà una buona ragione.
    2. Se una voce non è visibile su Wikipedia, allora non esiste altrove.
    3. Ma anche se esistesse altrove, non si sa come cercarla.
    4. Wikipedia la si consulta ma non la si scrive.

    Se questo è vero, mi pare una sconfitta rispetto alla visione democratica all’origine di Wikipedia: diffondere, incrementare e la conoscenza attraverso la scrittura condivisa e il controllo sociale delle voci. In fondo questa enciclopedia on-line non è fatta da tutti o da molti, ma da 1.400 persone e dal poco senso critico di molti.

    Wikipedia

    scuola per il futuro e critical thinking

    In un altro post ho scritto di “narrare il futuro ai giovani” come compito dei docenti per accendere interesse e scambiare conoscenza con gli studenti, come riporta Luca De Biase a proposito dell’incontro “Internet e democrazia” tenutosi alla Fondazione Basso il 20 aprile 2012.

    Mentre riflettevo sull’affermazione “narrare il futuro ai giovani”, del tutto casualmente mi sono imbattuto in un sito – Edutopia – che ho scoperto essere la fondazione educativa di George Lukas. Come nello spirito visionario del fondatore, Edutopia propone idee per la scuola del XXI secolo. Il documento, ricco di proposte, esposte nello stile americano “7 Steps” che uniscono le “4 C” e le “3 R”, ha una finalità operativa: cosa e come valutare se una scuola è proiettata verso il futuro. Le 4 C, riportate in inglese sono:

    • Critical thinking;
    • Communication;
    • Collaboration;
    • Creativity.

    Mi fermo qui nell’elenco delle lettere e mi concentro sulla prima delle 4 C: il pensiero critico (in inglese). E’ un metodo che unisce analisi dell’argomentazione, sostegno scientifico nella discussione, individuazione dei pregiudizi personali e ascolto partecipato dell’altro. Il critical thinking, che ha un collegamento con il debunking (demistificare affermazioni fanatiche, fantasiose, non fondate) riscuote un certo successo nel Nord America (Canada e USA) ed è quanto di più vicino alla filosofia troviamo nelle scuole di quei paesi. E’ evidente l’impronta del Pragmatismo e della filosofia analitica; la descrizione del link cita Socrate quale padre nobile e con molte buone ragioni. L’intenzione di fondo del Critical Thinking è migliorare il senso critico degli studenti che escono dalle scuole superiori diplomati ma senza capacità d’analisi delle argomentazioni, con una buona dose di ingenua credulità, un certo dogmatismo nel giudizio, uno pizzico di scetticismo irragionevole e scarsa attitudine all’ascolto.

    In Italia non mi pare conosciuto o praticato. Anni fa ho trovato il Piccolo manuale di autodifesa intellettuale di Baillargeon (Recensioni filosofiche) e recentemente Strumenti per ragionare di Boniolo e Vidali, con sito, anche se non strettamente su critical thinking. Certamente, a leggere i documenti sulle finalità dell’insegnamento della filosofia nelle scuole secondarie troviamo molte nobili dichiarazioni: formare cittadini consapevoli, critici, competenti. Tuttavia i residui dell’impianto Idealistico e Storicistico nell’insegnamento, che riducono la filosofia a quella serie di medaglioni che sono i Grandi Filosofi, e la poca frequentazione del pensiero scientifico non favoriscono il critical thinking.

    Per approfondire l’argomento e sperando nella pratica dei colleghi, faccio una ricerca su Google che mi restituisce siti di critica sociale e politica. L’espressione “pensiero critico” in Italia sembra essere associata principalmente alla Teoria critica della Scuola di Francoforte, la quale non aveva una buona opinione della scienza.

    Quello che mi interessa, è che con il pensiero critico la didattica ruota attorno al problem solving e non più attorno al professore che riversa ciò che sa nella mente degli studenti. Educando alla complessità. Quello che rende interessante il critical thinking è:

    1. il presupposto costruttivista, che permette di accostarlo all’elearning e in generale alle forme di apprendimento sociale e condiviso;
    2. la pratica di ricerca comune, che implica una revisione del ruolo del docente;
    3. l’attenzione alle strutture logiche e argomentative dei testi;
    4. l’uso di conoscenze e metodi anche scientifici, che in Italia sono alquanto negletti.

    Per queste ragioni mi pare che possa essere un metodo di insegnamento che permette anche di individuare dei riferimenti per la valutazione, sia degli studenti sia dei docenti.

    la fine dell’ingenuità

    Che il web 2.0 sia diverso dalla rete di fine primo o di inizio secondo millenio, lo so. Ma avendo letto il report di Luca De biase dell’intervento di Rodotà al seminario Internet e democrazia tenutosi alla Fondazione Basso il 20 aprile scorso, vedo scritto nero su bianco che “L’idea dello spazio internettiano libero e autoregolato si confronta con la pratica dell’influenza sempre più chiara degli stati nella struttura della rete”.

    Lo spazio della rete non gode più di quella libertà anarchica e innocente, forse, che ho avuto il piacere di sperimentare. Una volta messo a tacere il fischio del modem 33.6 sono arrivate le silenziose linee ADSL e con esse spazi sociali diversi che forse rendono praticabile l’idea di democrazia deliberativa partecipativa, come ha sostenuto Jean Carlos De Martin.

    Quindi da un lato la perdita dell’ingenua speranza che Internet restasse uno spazio incontrollato dalla censura ma dall’altro nella nuova Internet si possono ritrovare forme di partecipazione che sembravano perdute. Meno ingenui per tempi in cui il rapporto fra Internet e democrazia si fa più maturo.

    Ma il seminario, cui purtroppo non ho partecipato, è stato interessante anche perché ha toccato l’educazione. La tesi è che l’offerta educativa può cambiare se risponde alla domanda posta dagli studenti di un racconto del futuro. E qui, direi, entra in gioco la maturità e allo stesso tempo la speranza: raccontare un futuro ai giovani praticabile. Mi piace.