non capivano il potere

Ben prima del film Lotta continua e del ritorno delle discussioni pubbliche sul terrorismo e gli anni Settanta, lessi il libro Brigate rosse, scritto da Mario Moretti. E’ testimonianza di un’epoca distante, con idee, fanatismi e morti terribili. Gli eventi di quegli anni hanno condizionato profondamente la storia italiana e internazionale perciò è certo che con queste poche parole io non possa esaurire la complessità del periodo e dei suoi effetti. Ma c’è una frase che mi ha dato da pensare.

Il libro è una testimonianza di Mario Moretti, una delle figure di spicco della Brigate Rosse, che ha pianificato il rapimento di Aldo Moro, l’evento che più di tutti ha cambiato la storia d’Italia, sia nell’immediato sia nel lungo periodo. Gli anni Ottanta, il berlusconismo sono nati e hanno prosperato sulle spalle del terrorismo e dell’uccisione di Moro. La Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano hanno iniziato a scricchiolare proprio dal 16 marzo 1978, giorno del rapimento. Per capire le ragioni della reazione degli italiani al terrorismo è utile ascoltare la telefonata con la quale Moretti comunica a Eleonora Moro che “accadrà l’inevitabile”, che il marito sarà ucciso, che i veri responsabili sono altri.

Ma chi erano queste persone? Come ragionavano? Con quale lucidità hanno fatto le loro scelte? Una frase nel libro di Moretti aiuta a capire, almeno qualcosa.

Ma noi eravamo le Brigate Rosse, un’organizzazione rivoluzionaria, non una conventicola del palazzo: del potere sapevamo poco o nulla. Soltanto discutendo con Moro scopriremo i meccanismi attraverso i quali la DC si regge. (M. Moretti, Brigate rosse, 2007, Mondadori Milano, pag. 119).

Ovvero: non capivano niente del potere e volevano fare la rivoluzione, come dei ragazzini incoscienti che agiscono senza pensare e solo perché è bello agire. Non è agire da irresponsabili? Quale forma assume questa irresponsabilità?

Partirei dal valore assegnato alla propria esperienza ritenuta più probante dello studio. Di fatto sarebbe bastato leggere qualche libro di storia, qualche articolo di giornale senza il filtro dell’ideologia che i meccanismi di potere all’interno della DC sarebbero stati noti. Se si legge una cosa qualsiasi attraverso le lenti dell’ideologia, allora tutto appare come propaganda, come uno specchio per le allodole, rispetto al quale il primo, fondamentale e unico atto liberatorio consiste nel rivoltarsi dando le spalle a tutto ciò che è dato, per credere solo a ciò che la forza violenta dell’esperienza rivoluzionaria mostra. Solo nell’atto violento si manifesta la realtà delle cose, proprio perché capovolge i valori di verità accettati. Solo nell’agonia del nemico morente c’è la possibilità della verità.

E se si elaborasse una filosofia della verità nel sorgere e non nel tramonto?

storia e Trump

Ha fatto una serie di disastri e danni, alcuni dei quali profondi. Ma attribuire solo al narcisismo patologico l’origine delle sue scelte e dei suoi comportamenti è profondamente sbagliato, come lo è assegnare alle patologie di Hitler la responsabilità del Nazismo o all’autoritarismo di Mussolini il Fascismo. Cercare i fili della storia serve a capire. Dal libro Liberal e conservatori. L’America da Nixon a Bush, di Giuseppe Mammarella, Laterza, Roma-Bari, 2004, pag. 14. Contesto: America dopo gli anni Sessanta:

Più che merito dei suoi leader e dei suoi presidenti il recupero dei repubblicani è la conseguenza di una vera e propria rivoluzione nella filosofia politica del paese. Dal riformismo progressista, di cui quasi per un quarantennio si è fatta interprete la politica liberale, l’America si sposta sulle posizioni di un conservatorismo non privo di tentazioni populistiche, in nome del ritorno alle origini. Le idee conservatrici, rimaste marginali nel dibattito politico per almeno due generazioni, ritornano, prima in sordina poi sempre più prepotentemente, fino ad affermarsi come quelle dominanti in cui si riconosce la maggioranza degli americani. Anche il partito democratico deve prenderne atto ed è costretto ad adeguarsi al clima prevalente, perdendo la sua identità originale senza riuscire a darsene una nuova.

Europa, Cina, Italia, USA, Russia e altre cosucce

Allora, leggo che Trump loda la svolta sovranista della la politica italiana. Non credo che conoscesse l’Italia prima che Bannon gliene abbia parlato, per quanto gli sia chiaro che l’Europa abbia un certo peso negli equilibri internazionali. Fra l’altro, la destra americana ascrive alla Guerra Fredda il lungo periodo di pace dell’Europa, giacché, da un punto di vista geopolitico durante quei decenni l’Europa sotto l’ombrello degli USA è stato uno dei luoghi più sicuri di tutto il mondo, gli USA e l’URSS preferendo Corea, Vietnam, Afghanistan e altri luoghi meno pericolosi per farsi indirettamente la guerra. Essendo al confine con i paesi del Patto di Varsavia, e non avendo nessun interesse a far scoppiare davvero una guerra calda, la zona europea è stata safe area fino al 1989. Forse ora, la destra USA passa a chiedere un conto morale ed economico o forse vuole trascinare anche altri nell’incertezza in cui si trova. Comunque sia lascia che l’Europa si afflosci.

Anche Putin elogia la svolta sovranista. Forse non ha fatto avere soldi a Salvini e forse non ha alimentato la guerra di fake news che ha fatto deragliare la Gran Bretagna e forse non ha sostenuto Trump. In ogni caso guarda di buon occhio un’Europa senza Comunità Europea o con una Comunità indebolita. Espandersi in Europa resta una delle politiche secolari della Russia e l’Unione Europea è un ostacolo quasi insormontabile a questo progetto storico.

La Cina, poi. Così generosa a elargire fondi per sanare la situazione italiana, così accondiscendente nel firmare accordi sul commercio delle arance. Così interessata a entrare in una nazione fragile economicamente per governarla. È il nuovo attore in questo scenario ma ha gli stessi interessi della Russia. E molti più soldi.

Il sovranismo non garantisce nessuna autonomia, solo ci consegna a padroni non democratici e cinici.

è una cosa stupida ma reale

Quando scoppia una guerra, la gente dice “Non durerà. è cosa troppo stupida”. E non vi è dubbio che una cosa sia davvero troppo stupida, ma questo non le impedisce di durare. La stupidaggine insiste sempre, ce se n’accorgerebbe se non si pensasse sempre a se stessi. I nostri concittadini, al riguardo, erano come tutti quanti, pensavano a se stessi. In altre parole, erano degli umanisti: non credevano ai flagelli. Il flagello non è commisurato all’uomo, ci si dice che il flagello è irreale, è un brutto sogno che passerà. Ma non passa sempre, e di cattivo sogno in cattivo sogno sono gli uomini che passano, e gli umanisti in primo luogo, perché non hanno preso le loro precauzioni.

A. Camus, La peste, Bompiani, Milano, 1982, pag. 30.

basta poco per essere diversi

Sostenere che l’unico tipo di rapporto accettabile è quello fra uomo e donna, secondo le regole della natura significa escludere una grande quantità di modi di vivere.

Se questa idea viene assorbita da una concezione etica dello stato, allora chi non è sposato deve essere sanzionato.

Durante il fascismo c’era la tassa sul celibato. Era una politica a favore dell’aumento demografico il cui effetto fu di consolidare l’immagine della zitella racchia o intrattabile o facile e dello scapolo impenitente o nascostamente omosessuale.

In tutto ciò è in gioco non solo la libertà delle persone ma anche la dignità che deriva dalla possibilità di dire con verità ciò che si pensa o desidera.

il Cittadino e Leopold Bloom

La mancanza di prospettiva del nazionalismo fanatico è radicato in forme di rivendicazione senza giustizia reale, profondità storica e umana. Un esempio dall’Ulisse di Joyce.

Joyce dedica un capitolo intero alla figura del Cittadino, un fanatico nazionalista irlandese che, nel parallelismo con l’Odissea, corrisponde a Polifemo. Il fanatico nazionalista è come vedesse la realtà e lo spazio pubblico con due sentimenti: l’amore per sviscerato per l’Irlanda e l’odio per tutto ciò che è inglese. Ed è il Ciclope che con il suo unico occhio non coglie la complessità. Leopold Bloom, uomo comune con un afflato cosmopolita ma anche una sorta di mite ebreo errante, inizialmente è intimorito dalla violenza verbale e dall’imponenza del Cittadino ma poi riesce a difendere il popolo ebraico contro il l’antisemitismo del Cittadino, che irato lancia contro Bloom una scatola di biscotti. Tanto tuonò che piovve.

Molte cose si possono dire del Cittadino. Una è il suo linguaggio: da un lato grossolano, violento, sprezzante quando parla della vita quotidiana e degli inglese; dall’altro aulico, mitico, elevato fino al ridicolo quando parla dell’Irlanda. Nel linguaggio del Cittadino, la vita quotidiana è il teatro di una lotta senza quartiere per ristabilire una giustizia violata nel passato, fonte inesauribile di acredine e odio. Mentre l’ideale è scollegato da qualsiasi riferimento alla realtà storica e materiale.

Un altro aspetto del Cittadino è il suo egoismo. Per lui è naturale che gli venga offerto da bere, da mangiare e quando Bloom si rifiuta di farlo si arrabbia. Al Cittadino occorre tributare onore dando cibo, birra. Questa è a forma del suo regno.

In fondo, il Cittadino, non ostante il termine suggerisca uguaglianza sociale e politica, si occupa benissimo dei propri interessi e non è minimamente interessato alla giustizia. La sua concezione del giusto prevede che la giustizia debba essere ripristinata, ma solo quando si fa torto a lui.

Sul dire “amore”

Oggi andrò al gay pride. Per una semplice ragione

Ho molti amici e amiche omosessuali e alcuni di questi hanno avuto comportamenti discutibili. E non vedo in cosa differiscano da me in questo.

Ho molti amici e amiche omosessuali con le quali non ho nulla in comune. Ma ho poco o niente in comune anche con molti eterosessuali.

Ho molti amici e amiche omosessuali e non me ne frega nulla di ciò che fanno a letto o se lo fanno per piacere, amore o per distruggersi. Conosco molti eterosessuali la cui vita è distrutta dal sesso.

Andrò al gay pride per un motivo: perché tutti abbiamo il diritto non solo di amare ma anche, e sopratutto, di poter dire che si ama e si desidera.

La cosa strana è che amore e desiderio in Italia possono esistere principalmente come fatto poetico ma non come realtà.

Proposta: si potrebbe scrivere un libro o creare un sito in cui chiunque, omo o etero o pan o bisessuale che sia, racconta cosa pensa e prova della persona amata, di quando l’ha conosciuta e di tutti gli eventi importanti di una storia d’amore. Ma senza dire il genere della persona amata. Giusto per vedere se ci sono differenze.

Platone e Confucio

Differenza fra Cina e “Mondo Occidentale”? Domanda lunga da sciogliere.

Questa pagina, The Political Thought of Confucius, Plato, John Locke & Adam Smith Introduced in Animations, illustra le differenze nelle concezioni politiche di Confucio, Platone, Locke e Adam Smith. Sono dei filmati di infografiche. L’articolo appartiene a una serie di video sulla filosofia del canale della BBC, voce narrante Aidan Turner.

Mi interessa la parte su Confucio, il quale pone nella famiglia e nel rispetto delle gerarchie famigliari il nucleo fondamentale dell’eduzione alla vita politica e sociale. Da notare che nella filosofia di Confucio il rispetto per la famiglia si estende agli avi morti fino a costituire il mito degli avi, origine remota della vita.

Platone, non solo antepone lo stato alla famiglia, ma sostiene che il governo dovrebbe essere affidato solo alla responsabilità, conoscitiva e morale, del Re, o Regina, allo stesso tempo filosofo/a. Il fulcro dell’argomentazione di Platone è il confronto fra il capo dello stato e il pilota della nave che deve essere capace di guidare non necessariamente gradito al popolo o ricco o possedere il potere per eredità.

Completano la scheda due filmati su Locke e la tolleranza religiosa e su Adam Smith.

L’articolo appartiene all’iniziativa Open Culture, la quale offre filmati, articoli, audio almeno di livello medio alto che si possono agevolmente usare con finalità didattiche.

generazioni

L’altro giorno inizio in una classe una serie di lezioni sul tema dello stato: Platone, Aristotele e giù di lì. Per introdurre l’argomento faccio un brainstorming a partire da una frase che ho scritto alla lavagna: “cosa rende migliore un governo?”

Chiedo a tutti uno per uno e ne emergono le seguenti aree:

  • organizzazione;
  • onestà;
  • multe progressive per reddito;
  • ordine.

Alla fine chiedo: “Ma avete paura della libertà?”

La classe resta in silenzio. Poi uno dichiara “Si” un altro chiede “Quale tipo di libertà?”

Per la mia generazione la parola chiave era libertà.

The Who, Slip kid. No easy way to be free.

quando si è fanatici

Su Ginevra ai tempi di Calvino, nato il 10 luglio 1509.

“All’interno della città si fece uno sforzo per introdurre un regime rigoristico che è stato spesso deriso perché insisteva su cose che, in una civiltà divenuta mondana, i più sono giunti a considerare come inizie. Erano comminate pene per chi si fosse lasciato predire la fortuna dagli zingari, o avesse fatto rumore in chiesa, o avesse offerto il tabacco durante il culto, o non sapesse recitare le preghiere. Si anglicano le osterie e i conventi venivano trasformati in cui non si mesceva da bere né alla domenica, né durante le ore nei culti nei giorni feriali (poiché vi erano anche culti nei giorni feriali) né dopo le nove di sera. (…)

Altre disposizioni erano intese a preservare la purezza del culto e prendevano di mira ogni resto di pratiche cattoliche. Un orafo venne punito per aver fatto un calice da messa, un barbiere per aver fatto la chierica a un sacerdote, un altro per aver detto che il papa era un brav’uomo. Il consiglio civico ginevrino giunse perfino a proibire l’usanza cattolica di dare ai bambini i nomi di santi cattolici o altri quali “Croce”, “Gesù”, “Pentecoste”, “Domenica”, “Sansepolcro”.

Roland H. Baiton, La Riforma protestante, Einaudi, Torino, 2000, pp. 114-115.

Poi occorre ricordare gli anabattisti affogati, i cattolici perseguitati. Le piccole cose quotidiane possono rilevare fanatismi incombenti.