25 aprile 2021

Storia e leggenda

Sono passati 76 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Quasi tutti coloro che hanno vissuto in prima persona la guerra, le deportazioni, la guerra civile fra fascisti e anti-fascisti, le campagne di Grecia, di Russia e d’Africa, sono morti. Quasi tutti i ragazzi dell’ARMIR sono morti; non ci sono più parenti o amici dei soldati uccisi nell’Eccidio di Cefalonia. Di tutte le battaglie, stragi, sacrifici, civili uccisi; di tutti gli atti d’eroismo e di viltà; di tutte le pallottole sparate contro l’invasore restano monumenti commemorativi e discorsi sui valori della resistenza e sulla democrazia conquistata.

Poi ci sono i dubbi sulla veridicità di molte narrazioni perché “la storia la fanno i vinti” e “gli americani si sono accordati con la mafia” e “i partigiani hanno fatto stragi di cui non si vuole parlare”.

Insomma siamo a quella svolta della storia in cui, come recita la voce fuori campo all’inizio del film Il signore degli anelli:

“La storia divenne leggenda, la leggenda divenne mito. E per 2500 anni dell’anello si perse ogni conoscenza.”

La Seconda Guerra Mondiale, la liberazione, i partigiani, la sconfitta del Nazismo e del Fascismo stanno diventando un mito istituzionale da commemorare. Senza sapere più il perché.

E’ stata una guerra

E’ stata una guerra e come tutte le guerre è brutta, dolorosa, terribile. Mentre si prepara ad affrontare il nemico e il rischio di morire, qualsiasi soldato si conficca in testa un pensiero:

sono dalla parte giusta della storia e quelli là sono delle bestie da ammazzare.

Lo pensavano i partigiani e i nazisti, gli americani e i fascisti, gli inglesi, i russi, i rumeni, i giapponesi, i brasiliani, i cinesi, gli indiani, gli australiani e gli africani. Sicuramente nella massa delle persone coinvolte ci sono state sia brave persone che soffrivano per la famiglia lasciata a casa sia sociopatici che godevano ad ammazzare.

In ogni caso, l’esito delle battaglie, grandi e piccole, non era per nulla scontato. Battaglie fondamentali contro i nazisti sono state vinte nonostante dei generali incapaci non abbiano saputo sfruttare superiorità numerica, di mezzi mandando a morire migliaia di soldati. L’esito di una qualsiasi battaglia, infatti, è legato a una serie quasi infinita di fattori, ben pochi dei quali sono preventivabili. Tolstoj in Guerra e pace dedica molte pagine sull’argomento analizzando la campagna di Russia. Grossman in Vita e destino narra dell’assedio di Stalingrado e descrive come basti pochissimo per trasformare un gruppo di soldati in un’unità di guerra invincibile animati da coraggio o in un nugolo di individui isolati paralizzati dal terrore. Uno dei personaggi di Salvate il soldato Ryan riesce a uccidere un nazista solo dopo che questi ha fatto strage del suo gruppo.

Insomma essere in guerra non è bello, non è nobile e non è facile. Chi dice il contrario non ha mai visto la guerra oppure si colloca pericolosamente vicino a coloro che hanno avviato la Seconda Guerra Mondiale.

Ma c’è un aspetto che voglio qui ricordare. Sto leggendo il libro La cecchina dell’armata rossa, scritta da Ljudmila Pavlicenko, la quale racconta la propria storia di cecchina che ha ucciso 309 nazisti. L’ho iniziato pensando che Pavlicenko fosse una specie di serial killer prestata all’Armata rossa ma leggendo emerge un ritratto più complesso. Un tratto sorprendente dichiarato da lei stessa è che per uccidere a sangue freddo deve convincersi di essere dalla parte giusta della storia. Insomma anche ammazzare un nazista che ha bruciato case, ucciso bambini, violentato donne e deportato gli uomini non è immediato, soprattutto quando non si agisce per uno scatto di rabbia.

Per capire meglio la storia in cui questa donna si è trovata coinvolta, consulto Wikipedia e dei libri sulla seconda guerra mondiale e sulle operazioni belliche. E diventa chiaro il carattere totale e globale della guerra. Alcune battaglie sono state vinte dai russi o dagli americani perché i tedeschi combattevano su troppi fronti e hanno disperso le loro risorse; poi in guerra non bisogna mai darsi per vincitori e neanche per sconfitti, e i nazisti ritenevano di essere superiori a tutti; quando si vince non bisogna farsi prendere la mano e oltrepassare i propri limiti; alcune vittorie dei nazisti sono state le premesse della loro sconfitta perché sono costate molte vite; astuzia e fortuna sono importanti, così come saper logorare il nemico.

Nella seconda guerra mondiale, poi, si sono contrapposti modelli di comando differenti. Per i nazisti era prioritaria l’obbedienza a Hitler tanto che generali meno capaci sono stati preferiti a generali capaci solo in base alla fedeltà al capo; questo stile di comando “feudale” era intrecciato al mistico senso di superiorità dei nazisti, per cui si sono sentiti giustificati a compiere qualsiasi nefandezza. Americani e inglesi, dal canto loro, hanno saputo introdurre con maggior coraggio la delega; addirittura furono elaborate delle strategie per evitare che Churchill intervenisse nella strategia bellica così da evitare operazioni sbagliate. Churchill: fu il grande leader che guidò gli inglesi attraverso la guerra ma era anche un pessimo capo militare. Naturalmente, tutto ciò non esclude che alcuni anglo americani abbiano fatto delle schifezze e alcuni nazisti siano state delle brave persone.

Il mio problema è definire perché questa guerra è stata così importante e perché è stato un bene che i nazisti abbiano perso, che i fascisti abbiano perso, che gli anglo americani abbiano vinto, che i partigiani abbiano fatto la loro parte, che i russi abbiano fatto la loro parte. Dopo c’è stata la Guerra Fredda, ma quella è un’altra storia. In conclusione, questa guerra è stata così importante perché:

  • ha dimostrato sul campo che qualsiasi evento locale ha riflessi anche in luoghi distanti; detto poeticamente “nessun uomo è un’isola”;
  • è stata la vittoria di uno stile di vita a cui ripugna l’obbedienza cieca al capo per giustificare lo sfogo dei propri istinti peggiori; uno stile di vita che possiamo chiamare di responsabilità democratica.

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