Il filosofo Daniel Dennett formula 7 consigli per esercitare il critical thinking. Riporto i titoli con una sintetica traduzione della spiegazione di Dennett.
Usare i propri errori
Onestà intellettuale, autoesame e procedimento per tentativi ed errori. Quando si sbaglia, occorre esaminare il proprio ragionamento a denti stretti, ovverro impietosamente.
Rispettare il proprio avversario
Detto anche “buona fede” o “essere caritatevole”. E’ un richiamo retorico più che logico, ovvero ha lo scopo di coinvolgere le persone. Aggiungo io: nessun argomento ad hominem.
La trombetta del “sicuramente”
La parola “sicuramente” è un segnale d’allarme retorico che avvisa che il parlante sta dicendo una verità accettata, apparentemente plausibile ma esaminata poco e male, sperando che chi legge o ascolta la accetti senza sollevare problemi.
Rispondere alle domande retoriche
Una domanda retorica può essere un sostituto del pensiero e si regge sull’assunto che sarebbe troppo imbarazzante rispondere. Ma è una buona occasione per esaminare i propri preuspposti.
Ricorrere al Rasoio di Occam
Il filosofo medioevale Guglielmo da Occam ha prestato il suo nome a questo principio di economia nel ragionamento. La formulazione più nota è “non moltiplicare gli enti oltre necessità” quando cercano spiegazioni. Ma non è sua, per quanto efficace. In italiano, in inglese.
Non sprecare tempo con la spazzatura
Il 90% delle argomentazione sono sciocchezze (crap).
Fare attenzione alla ‘profondità’
Il termine inglese usato da Dennett è “deepity,” a sua volto ripreso dallo studioso di computer Joseph Weizenbaum. Una deepity è “una proposizione che sembra sia importante sia vera – e profonda – ma che deve questo effetto alla sua ambiguità.” La devozione alla chiarezza di Dennett a questo punto divide i suoi lettori in due: gli uni che ammirano la sua chiarezza come espressione di etica analitica; gli altri che sostengono che è ingiusto verso metafisici, mistici, teologi, poeti e filosofi postmoderni.
se tutti applicassimo il ‘critical thinking’ ci sarebbero meno incomprensioni, meno superficialità e meno “junk food” (inteso come inutile e spesso nocivo nutrimento della mente). utili ed interessanti consigli, grazie per averli condivisi. Ludmilla
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Già. Purtroppo pochi sono disponibili a mettersi in discussione. Il primo step è “usare i propri errori” ma quante volte siamo disponibili a farlo?
In fondo pensare criticamente richiede un cambiamento di prospettiva non da poco: dal giudicare gli altri in base al proprio metro al cercare di capire il significato di ciò che diciamo e che dicono gli altri.
Quando si riesce si apre un mondo.
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