value added analysis

Partito da un articolo sul Dipartimento municipale per l’educazione di New York che ha pubblicato le valutazioni dei 18.000 docenti delle scuole della città, sono arrivato a scoprire un criterio di valutazione dell’attività degli insegnanti: la value-added analysis, analisi del valore aggiunto. Riprende analisi di tipo economico ed è stata formulata esplicitamente per la prima volta nel 1971 da Eric Hanushek. Questo metodo calcola l’aspettativa di rendimento sulla base dell’andamento di uno studente nell’anno precedente e confronta tale aspettativa con la variazione successiva all’intervento di un nuovo docente l’anno successivo. Se la variazione è positiva, l’intervento ha aggiunto valore; se negativa, l’intervento ha sottratto valore. Buono è il docente che aumenta il valore dei risultati degli studenti; cattivo il docente che riduce il valore delle prove degli studenti. Semplice ed essenziale. Ma, come avvisano anche i suoi sostenitori, la value added analysis è solo uno dei criteri di valutazione dell’operato di un insegnante. Altri possono essere il clima di classe, la qualità della classe, la strutturazione e la codificazione di test condivisi. Inoltre non permette di valutare se il livello della prestazione è desiderabile o soddisfacente.

Assodato ciò, vorrei svolgere delle riflessioni, tenendo anche conto che fare riferimento a un criterio di valutazione serve per capire la qualità del lavoro che sto facendo.

Possiamo dire che un docente è positivo nella misura in cui porta un miglioramento, una crescita nei risultati degli studenti. Definirei i docenti “autori di cambiamento”. Scelgo il termine “autore” perché ha la stessa radice latina e indoeuropea di “augusto” che significa: “forza” e anche che “fa crescere”; che “aumenta”; che “migliora”. I docenti sono autori perché fanno crescere, non perché producono un oggetto materiale. Autorevole è l’insegnante che fa fiorire mettendo in campo una forza che fa crescere, che genera valore.

Questa “forza” innesca e si inserisce in un processo di cambiamento complesso. Quindi “analisi del valore aggiunto”, significa analisi del processo che aumenta il valore delle prestazioni dello studente e così valorizza la persona. L’indeterminatezza del significato di “valore”, a questo punto, desta perplessità. Secondo la value added analysys, il significato primo e immediato è quello legato alla valutazione numerica, negli USA alfabetica. L’assunto generale è: “Valore è il voto che ti dò. Se ti dò un voto maggiore della tua tendenza, abbiamo attivato un circolo virtuoso.” Allora “valore” non è solo “voto più alto” ma segno di una realizzazione comune che l’insegnante ha contribuito a far fiorire e a cui lo studente ha collaborato. In questo senso il voto è da un lato la valutazione conclusiva di un aumento delle conoscenze e di uno sviluppo di competenze e dall’altro una tappa nel processo di valorizzazione dell’opera in corso di realizzazione nell’aula, nelle menti e nella sensibilità delle persone cui insegno.

5 pensieri riguardo “value added analysis

  1. Devo dire molto interessante questa teoria.
    Come unico commento mi sento di dire che la valutazione della prestazione dell’allievo non deve essere fatta dallo stesso insegnante che è oggetto di valutazione. Ossia non deve essere l’insegnante che si sta valutando a dare le valutazioni agli allievi se tali valutazioni sono quelle su cui sarà valutato. Sapendo di essere valutato in base ai vati che darà potrà sempre alzare i voti…
    Mi sembra che questo algoritmo possa funzionare se il giudizio sul miglioramento degli allievi è fatto, per esempio, a fine anno, considerando risultati degli allievi in base a quello che ci si sarebbe attesi rispetto alla serie storica delle valutazioni di fine anno degli anni precedenti. E che la “votazione” di fine anno non sia data dall’insegnante sotto monitoraggio ma da altri, con criteri il più possibile oggettivi. E qui torniamo alla annosa questione degli esami o test di fine anno.
    E cosa dire delle fluttuazioni di rendimento delle singole persone legate ad accadimenti della vita? Tipo adolescenza, crisi famigliari, crisi affettive personali, etc etc.? Un buon insegnante dovrebbe anche sostenere un allievo in queste situazioni? E fino a che punto? E quanto di questo conta nelle valutazioni finali, sopratutto se date da altri che non conoscono la situazione specifica?
    Mi sembra che il tema della valutazione degli insegnati sia veramente delicato e molto interessante.
    Grazie per questo tuo contributo.

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    1. La valutazione degli insegnanti è importante e negli anni si sono spesi fiumi di retorica da diverse parti, farciti con accuse di parassitismo offensive o con difese a oltranza dell’indifendibile. Screditando in entrambe i casi scuola, insegnanti e studenti. Ma in ultima analisi danneggiando la società italiana. Spero che in futuro se ne possa parlare con una certa serenità.

      Mi pare di poter dire che l’essenziale sia la pubblicità dei criteri e delle procedure di valutazione. Penso sia più scientifico definire i criteri come pubblici e condivisi anziché come oggettivi. L’oggettività nella valutazione può diventare una trappola, sia per gli studenti sia per i docenti, in quanto appiattisce sull’oggetto prodotto nascondendo i criteri con cui è stato valutato. Forse, finché si tratta di corsi finalizzati all’addestramento per eseguire procedure può sembrare facile valutare l’apprendimento – e l’insegnamento – in base all’esecuzione di procedure. Ma se si passa ad altri ambiti la cosa si fa meno praticabile. E qui il discorso si fa delicato.

      Un luogo comune della valutazione è la differenza fra il tema d’italiano che tradizionalmente si dice essere condizionato dalla personalità del professore, da un lato, e dall’altro le prove di matematica e di fisica, “oggettive” perché i “conti devono tornare” e la “matematica non è una opinione”. Ho conosciuto diverse classi castrate da docenti di fisica e di matematica che, valutando “oggettivamente”, non concedevano una speranza di riuscita ai propri studenti. Gli studenti giungevano all’esame terrorizzati da anni di fallimenti e appena il commissario d’esame proponeva un problema da un diverso punto di vista, balbettavano pur sapendo a memoria parti intere del libro. Forse quei ragazzi avevano imparato a eseguire qualche procedura, ma nessuno aveva interiorizzato il modo di accostarsi ai problemi proposto dalla materia. Sopratutto nessuno si è iscritto a fisica e matematica pur uscendo da un liceo scientifico.

      La pubblicità è importante anche alla luce delle fluttuazioni di rendimento legate agli eventi della vita in quanto può prevedere delle variazioni temporanee rispetto allo standard generale.

      Detto ciò, vi sono aspetti dell’insegnamento che non possono essere formalizzati in un metodo univoco e ripetibile perché l’amore del docente per la materia che insegna e la cura degli studenti sono cruciali per accendere la curiosità e l’interesse.

      Ultima cosa: non si deve sottovalutare la prima prova che inevitabilmente crea aspettative, speranze che possono avere un certo peso nell’andamento successivo.

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